Thursday, September 29, 2016

Citando Seneca.......


Seneca fu definito il terapeuta delle classi dirigenti.  Il male e la sofferenza sono naturali  negli esseri umani e derivano da molte cause.  I dolori sia fisici sia morali e psicologici, sono sintomi di stati patologici che vanno indagati e, se è possibile, curati anche se molto spesso con risultati scadenti. La filosofia stoica, come le altre filosofie che si diffondevano nel periodo ellenistico, offre un sistema di diagnosi e di cura, che parte da un livello elementare necessario, ma immediatamente utile: prendere coscienza del proprio stato di alterazione o sofferenza cosa che oggi molto spesso non viene fatta e si creano stati di disagio che molte volte sfociano in atti violenti.
Già questo è l'inizio della guarigione.  Seneca indirizza, la propria ricerca, verso un tipo di malattia e di sofferenze che non deriva dai disagi materiali dell’esistenza, come la fame, la sete, la carestia, la morte in guerra; ci sono altre sofferenze fisiche e morali, che nascono da uno stile di vita sbagliato e riguardano soprattutto le persone che vengono invidiate da tutti perché potenti e famose, spesso al vertici dello Stato. La radice dei mali che affliggono chi ha raggiunto un elevato grado di responsabilità sta nell'incapacità di prendere le distanze dagli automatismi di una vita frenetica, che fa perdere il senso del tempo. Seneca propone su questo problema una serie di semplici consigli, frutto di buonsenso, quasi da artigiano della psiche, per interrompere l'alienazione di una vita spesa senza il gusto di assaporarne i momenti migliori.  Volendo concentrare in una formula il suo metodo d'indagine e di cura possiamo ricordare un suo suggerimento in forma di imperativo: protinus vive, protínus significa subito, immediatamente”,ma anche continuamente,senza intervalli”.  Quindi: vivi subito, non domani, e vivi senza perdere mai il contatto con la tua esistenza”. Oggi è luogo comune parlare di noia esistenziale e cioè di quell'insoddisfazione che deriva dal semplice fatto di vivere e dalla ripetitività delle azioni quotidiane. Cerchiamo allora il vario, il diverso, il sempre nuovo.  Ma anche la novità non acquieta la noia: non giova rivoltarsi in un letto o mutare luogo. “ Il male lo abbiamo dentro di noi - dice Seneca-  in quanto siamo inadatti a qualsiasi tolleranza”. Il settimo dei Dialoghi senecani (De tranquillitate animi) tratta il tema del distacco del sapiente dai dolori e dalle difficoltà, ovvero dalla sua condizione, di atarassia a quella di euthymia (tranquillità).
L'autore sostiene che la scontentezza di sé è uno tra i peggiori mali che possono affliggere l'animo umano; frutto di uno spírito intorpídito tra desideri delusi”, questo taedium et displicentia si tende a farsi addirittura insostenibile nei momenti di otiumL'uomo però anziché ricercare nel proprio animo le radici di tale insoddisfazione, tenta di porvi rimedio in vari modi, per esempio, viaggiando, oppure, cambiando stile di vita: il tutto invano, anzi ottenendo il risultato di condurre l'animo ad un tale disgusto per la vita da accarezzare l'idea del suicidio.

A questo punto Seneca segnala come rimedio l'impegno anche politico al servizio dei propri simili; oppure viene consigliata la scelta dell'otium (cioè della vita contemplativa) (cosa che io preferisco tra le altre) o della filosofia che assicura all'uomo la sapienza e la felicità.  Dunque il sapiente lungi dal fuggire da se stesso, trova nella sua interiorità, perfettamente libera da condizionamenti esteriori, il suo totale appagamento: non esiste alcun bene duraturo all'infuori di quello che l'animo trova dentro di sé.Soprattutto nelle Epistole domina il nelle richiamo all'interiorità, alla necessità di trovare non all’esterno ma in sé stessi la soluzione dei problemi esistenziali: è necessaria una sorta di conversione che può attuarsi solo nell’intimo della coscienza.

Ho voluto citare Seneca a rafforzo delle mie teorie sulla solitudine e sull'autocontemplazione e sul ritrovo in certi momenti di un avvicinamento al proprio spirito."Non avere paura di bagnarti durante un temporale:poco o tanto infondo sei bagnato","ritirati in solitudine concentrati e avvicinati al tuo essere fara' male all'inizio,piangerai,anche solo dal cuore ma poi ne avrai un senso di liberazione".

Wednesday, September 28, 2016

Riflessioni su di me


mi chiamo Daniele. e sono una ragazzo di 39 anni. Scrivo perché mi sento invisibile agli occhi di tutti. Ho un carattere molto riservato e chiuso e sono molto timido. Non ho amici e quelli del gruppo mi stanno deludendo. Non mi sento amata, sono stanca di tutto.

Non ho più voglia di uscire se non solo qualche volta con mio padre, non ho voglia di trovarmi una ragazza e sono stufo di sentirmi dire che sembro più piccolo e delle prese in giro per la voce sottile che ho. Sono troppo confuso sul mio futuro. Il mio sogno è sempre stato quello di diventare non so nemmeno io cosa, ma purtroppo questo sogno è sfumato per le poche possibilità di trovare lavoro.

Non voglio più studiare, ma sto male perché so di deludere i miei genitori. in questi giorni devo incominciare un corso di photoshop e videomontaggio, ma ho paura che neanche quello mi possa soddisfare.
Il mio unico sfogo è quello di andare nel bosco o in qualche posto isolato, vorrei lavorare in questo campo, ma credo che sono solo altri stupidi sogni di una bambino un po' troppo cresciuto.
Non ce la faccio più...ho voglia di piangere, ma non posso!! Non voglio dimostrare, ancora una volta, la mia stupida fragilità.

Lo faccio per sfogarmi un po’, ho bisogno di raccontare i miei problemi a qualcuno, non avendo nessuno di reale scrivo a voi virtuali, leggo di altri ragazzi che non sono lontani dalla mia condizione di disagio, la solitudine.
Credo che trascorrero' l’ennesimo capodanno da solo, trascorrerò così anche il compleanno e non vorrei 40 anni sono un traguardo da festeggiare.
Abito nelle campagne di un piccolo paesino , la città e' vicina dista 5 Km da casa mia, mi sento abbandonato in mezzo al nulla senza la possibilità di cambiare la mia vita in nessun modo. Non posso trovare un lavoro, non ci sono molte opportunità dalle mie parti,anche se l'anno scorso alcune mi si erano presentate ma non potevo non faccio nulla tutto il giorno e non c’è la faccio più…
Mi sveglio la mattina sul presto, metto in ordine le mie cose porto a spasso il cane, guardo la TV, sto al computer, ma soprattutto passo gran parte della giornata ad ascoltare musica con le cuffie buttato sul letto e sogno una vita che ora non ho e non credo di poter mai avere…poi c'e' il mio gruppo 3 volte a settimana almeno quello mi rende felice e faccio attivita' che mi soddisfano.
… In realtà avevo una vita come quella che sogno, fino a 5 anni fa avevo amici, quelli che ritenevo grandi amici, ragazzi con cui sono cresciuto, fratelli non di sangue, facevamo tutto assieme, poi un giorno,non so per quale motivo hanno smesso di parlarmi e di invitarmi a stare con loro ed io non sono mai andato da loro per chiedere il motivo del distacco, cosa di cui mi sono pentito, uno di loro abita dall’altra parte della strada, lo vedo passare e ora non ci neanche salutiamo più e pensare a quei giorni in qui ci divertivamo mi viene da star male.Ho fatto fatica a togliermeli dalla testa, forse non ci sono ancora riuscito.
Sono un ragazzo introverso, più che altro ermetico, cioè mi ci vuole del tempo per iniziare a parlare, per aprirmi, ma quando poi conosco bene una persona faccio fatica a smettere di parlare e di fare battute… Alle superiori legai con tutta la nuova classe, ero uno dei pochi a parlare con tutti, sapete in genere in una classe ci si divide in gruppi, mi diedero anche dei soprannomi simpatici, il che significa che avevo davvero buoni rapporti con tutti, in molti hanno cercato di far amicizia con me, diversi gruppi di amici mi hanno chiesto di uscire e divertirsi con loro, ho perso i contatti anche con loro… Forse sono un asociale? Mi piace stare con gli altri, ma non mi va di uscire la sera.
Sento anche l’esigenza di una ragazza da amare.Sono carino?non so, io non credo di essere così bello,a me ne basterebbe una da amare tanto, sento di avere tanto amore da dare, una ragazza che mi raccolga dal mio angolino buio, da cui imparare e da rispettare, da ascoltare e da stringere.Tanto amore da dare e nessuna a cui destinarlo.
Ho tanti altri timori e paure di cui vorrei parlare, ma per ora non ne ho voglia, non c’è la faccio.
Sono condannato a stare solo? Quand'ero ragazzino vedevo che tutti,uno dopo l'altro,avevano una ragazza d'abbracciare, da amare e da cui ricevere abbracci e amore. Credevo che sarebbe capitato anche a me.Voi direte "hai solo 39 anni" e vi chiederete il motivo di questa mia convinzione. Le cause sono molteplici ma io ne ho trovata una, l'unica: sono classificabile come brutto, cesso, fate voi! Non mi vedo così! Il mio aspetto ricorda quello di un calciatore, lui è bello e io NO? Perchè? Perchè non ho gli occhi verdi e non sono calciatore? Per gli altri aspetti penso che come me,modestia a parte, ci siano poche persone. Sono poliedrico e non sono stupido,questo è un dato di fatto!
Non sono sportivo, mi interesso di cinema, arte, politica (ma non ne parlo) sono curioso e intuitivo (a detta di chi parla bene di me) e, anche se non è una qualità.Caratterialmente sono allegro e disponibile, dò e chiedo rispetto e sincerità (e infatti ho pochi amici fidati).
Non Pensate che sia egoista e narcisista,fidatevi! Non sono questi i miei difetti. In 39 anni ho avuto solo (rare e brevi) avventure occasionali, rifiuti ripetuti,e quando avevo un serio interesse ho preso solo 2 di picche. Mi sento dannatamente solo, ma non lo faccio notare! Vedo coppiette, alcune mal assortite ma sono comunque coppie,e mi chiedo "perchè io no?cosa ho di così terribile? 
Riusciro' mai a trovare una donna che sappia apprezzare il mio IO?

Monday, September 26, 2016

Leggendo confucio


Un giorno un giovane vigoroso si presentò, trafelato e furente, davanti al saggio Confucio. Disse: "Un mio nemico mi ha oltraggiato e desidero ardentemente di vendicarmi. Quale modo ritieni giusto per punirlo adeguatamente, in modo che io abbia soddisfazione?"
Confucio rispose: "Raccogli le tue cose, vai sulla riva del fiume, siediti e aspetta. Un giorno vedrai il cadavere del tuo nemico passarti davanti"

Confucio è stato il capostipite delle filosofie religiose orientali, anche il Buddhismo trae spunto dal suo pensiero, in quegli aspetti che non derivano dalla influenza induista. Fu il predecessore di Lao-Tzu, il fondatore del Taoismo, e può essere considerato, a buon titolo, una figura analoga a quella che rappresentò Socrate per l'Occidente.In pratica non sono frasi fatte,spulciando anche in quello che furono le guerre del passato.Qualcosa di simile cantava anche Fabrizio de Andre' sul cadavere che vedeva.
In questo aneddoto troviamo uno dei suoi insegnamenti più famosi: davanti alle passioni dirompenti del mondo l'uomo saggio deve imparare a dominare gli istinti con la ragione, guardando con distacco alle cose contingenti per saperle rapportare in maniera adeguata alle cose assolute.La vendetta in pratica e' un senso di debolezza anche se al giorno d'oggi aime' e' ben pronunciato il fatto di vendicarsi un po' come "occhio per occhio , dente per dente".Confucio non dubita della legittimità delle rivendicazioni del giovane che gli si presenta dinanzi; nemmeno contesta la necessità di una giusta punizione per colui che lo aveva offeso. Solamente fa capire che il giudizio su una punizione da infliggere non deve essere preso giammai quando si è in preda alle emozioni e questo e' una cosa che insegnano anche molti psichiatri; né tantomeno è opportuno che sia la parte offesa a comminare ed eseguire la pena nei confronti della parte offendente, perché il rischio sarebbe quello di commettere un'ingiustizia più grande dell'offesa stessa, con il conseguente degrado morale di chi per primo aveva subito un torto.In pratica un torto maggiore non compensa un torto minore.Anche se aime' l'uomo e' fatto di carne e l'indole porta alla vendetta.Confucio insegna ancora di più: la giustizia, se è davvero tale, troverà il modo di fare il suo corso, magari in un modo inatteso e apparentemente non collegato al fatto specifico. Basta saper aspettare con fede, soffocando le bramosie della carne che grida vendetta e perseverando nella ricerca della verità per una condotta di vita onesta e retta.Da qui nasce anche una buona igiene mentale e di collaborazione con la propria psiche.Come dico spesso una passeggiata da solo nel bosco insegna a dominare il proprio istinto.Il massimo per me e' in montagna durante un temporale in qualche cimitero accompagnato magari da un mezzo toscanello e perche' no......bagnandosi.Infondo bagnati poco o molto cosa cambia?dopo un po' da un senso di liberazione di sollevamento dello spirito,del proprio io che si avvicina sempre di piu' alla persona.Tornando a Confucio:A volte un torto subito può valere come banco di prova: si può scegliere la strada del degrado, seguendo l'irrazionalità delle passioni, oppure si può trovare la via per una maturazione interiore che trasforma la debolezza in forza.
Confucio non dice di assumere un atteggiamento di distacco, come sembrerebbe a prima vista; non dice di eliminare le passioni, bensì insegna a dominarle e a usare la loro forza per trovare la perseveranza nell'attesa della giustizia, che alla fine arriverà con la constatazione della definitiva sconfitta e della morte del nemico, affidato alle acque del grande fiume Yang-Tze come si usava nei riti funebri di quella civiltà.Da un punto di vista puramente umano questo è il massimo che si possa raggiungere; Gesù di Nazareth invece ci invita a trascenderci in uno sforzo sovrumano, verso la nostra vera natura che è l'Amore, insegnandoci "Ama il tuo nemico".Questo pero' la sofferenza interiore non sempre ci rende possibile farlo e la strada della riflessione,anche annientando lo spirito animale di vendetta puo' essere una giusta via di mezzo.Ne carne ne pesce.Non solo ci insegna a perdonare, ma addirittura a trasformare l'odio in amore. Ieri, come oggi, questa chiamata suona come scandalosa e per molti risulta inaccettabile. Eppure è l'unica che permetta di vivere sempre serenamente nella comunione dell'amore, anziché nell'attesa della soddisfazione o in conflitto con le rivendicazioni del senso umano di giustizia.Il fiume sostanzialmente e' come la nostra vita,scorre e come direbbero in molti e come una ruota che gira e in questo senso credo che confucio veda il concetto di vedere passare il cadavere del proprio nemico lungo il fiume.Ho un mio concetto di vita creato dalla monopolarita' che mi insegue da molto tempo.Mi trovo molto piu' vicino all'idea di confucio,anche se non sto nella riva del fiume ad attendere il nemico mi concedo attimi di relax dove credo di avvicinarmi al mio essere.Un po' come farebbe uno psicanalista e credo sia il rapporto solitudine/ionizzazione(temporale)/atmosfera(bosco o cimitero) che mi aiutano in questo senso.Non riusciro' mai piu' ad amare il mio nemico ma nemmeno odiarlo da ucciderlo.Che si accontenti di questo:la mia vendetta rispetto a certi gravi soprusi subiti intorno al 2006 sarebbero molto gravi ma ho deciso di metterci una pietra sopra.Spero solo che cio' che hai ottenuto ti serva per comprarti delle medicine..............

canzone del mio pensiero attuale

La canzone che maggiormente esprime il mio stato d'animo di questi periodi e' la canzone di vasco : manifestu futurista...........

Testo:
La cosa più semplice
Ancora più facile
Sarebbe quella di non essere mai nato
Invece la vita
Arriva impetuosa
Ed è un miracolo che ogni giorno si rinnova
Ti prego perdonami ti prego perdonami
Ti prego perdonami se non ho più la fede in te
Ti faccio presente che
È stato difficile
Abituarsi ad una vita sola e senza di te

Mi sveglio spesso sai
Pieno di pensieri
Non sono più sereno
Più sereno Com'ero ieri
La vita semplice
Che mi garantivi
Adesso è mia però

È lastricata di problemi

Ho l'impressione che
La cosa più semplice
Sarebbe quella di non essere mai nato
In fondo la vita
È solo una scusa
È lei da sola che ogni giorno si rinnova
Ti prego perdonami ti prego perdonami
Ti prego perdonami se non ho più la fede in te
Ti faccio presente che

Ho quasi finito
Ho quasi finito anche la pazienza che ho con me

Sarà difficile
Non fare degli errori
Senza l'aiuto di
Di potenze Superiori
Ho fatto un patto sai

Con le mie emozioni
Le lascio vivere
E loro non mi fanno fuori

Sarà difficile
Non fare degli errori
Senza l'aiuto di
Di potenze Superiori
Ho fatto un patto sai
Con le mie emozioni
Le lascio vivere
E loro non mi fanno fuori

Saturday, September 24, 2016

Zibaldone


Guarire dalla malattia mentale si può? Come si può 'guarire' da sè stessi?Il male interiore appartiene a noi stessi?L'inconscio chi lo puo' guarire?uno psicanalista!Spesso rileggo il libro "la coscienza di zeno" di Italo Svevo e devo dire che in molte cose ci prende.
Ma la malattia mentale esiste? Si può definire malattia un carattere, una diversa attitudine, un'emozione intensa?Il bipolarismo che io non apprezzo in quanto mi ritengo monopolare puo' essere gestito? Purtroppo secondo la psichiatria organicista, la malattia mentale esiste ed è inguaribile, tuttavia curabile necessariamente con i farmaci anche se non è mai stato dimostrato alcuno squilibrio chimico alla fonte nè che gli psicofarmaci curino qualcosa.Un mio amico prete li definisce "farmaci per l'anima" e forse un po' ha ragione.Numerose esperienze di 'sopravvissuti' e indagini indipendenti dimostrano invece l'esistenza di una 'trappola farmacologica' molto subdola che lungi dal 'guarire', favorisce il mantenimento o la cronicizzazione della supposta malattia.Il malessere diventa dunque ciclico.Questo spazio vuole dare la possibilità ai cosiddetti malati mentali di conoscere le reali implicazioni dei farmaci , di cui spesso ne abusano, di riflettere sulla propria condizione, di acquisire nuove conoscenze diventando capaci di riprendersi il controllo della propria vita e delle proprie emozioni.Si potrà 'guarire' soltanto quando ci allontaneremo dal nostro punto di vista limitato per abbracciare il problema nella sua globalità, con un approccio di tipo olistico.
Attenzione: E' potenzialmente pericoloso dismettere psicofarmaci senza un'attenta pianificazione. E' importante essere bene istruiti prima di intraprendere qualsiasi tipo di interruzione di farmaci.Si rischia di fare un danno e non trovare una soluzione.

Lettera al dottore n.2
Tutti i miei amici sono sposati con figli,o divorziati ed io invece sono rimasta solo.
Sono una ragazzo normale e, a detta di tutti, molto intelligente.
Ma la violenta depressione, che mi attanaglia il cuore e la mente, fa scappare tutte le persone che mi si avvicinano.
Spesso sono vittima di donne che intravedono la mia fragilità e la usano per prendersi gioco di me.
Voglio vivere e dare un contributo per un mondo migliore
Vorrei vivere e stare bene, vorrei un organismo che funzioni perfettamente, e vorrei dei figli da istruire sui valori dell’etica comportamentale, soprattutto nel campo dell’alimentazione e del rispetto ambientale.Davvero vorrei vivere perché sogno un mondo migliore senza rifiuti interni ed esterni.Ma la vita mi piega e mi spezza, e mi sento vittima della paranoia.Non voglio prendere farmaci che annebbiano la mente e distruggono il corpo. Voglio vivere. 
lettera 3
E' da molti giorni che vorrei scrivere questa lettera ma non è facile trovare le parole e le parole giuste per farlo. Non è facile perché vorrei parlare di depressione e solitudine e apatia e questi, si sa, sono argomenti tabù.
La vita è costantemente "condita" da eventi di ordinaria esistenza: lutti, problemi di salute, assoluta provvisorietà di ogni cosa, assenza di punti di riferimento certi. Quindi so bene di cosa parlo, da combatto con disturbi e solo chi ne soffre, o ne ha sofferto, può capire come la qualità della vita si abbassi fino a precipitare. E' una lotta continua e a tratti estenuante con la vita, il disagio estremo e la capacità di tenuta del nostro equilibrio psicofisico ma, quello che vorrei comunicare, è che si può fare. Non è una passeggiata e nemmeno un'arrampicata, è qualcosa che assomiglia all'inferno ma si può fare: si può strappare un equilibrio e riuscire ad andare avanti, non con serenità ma si può proseguire.C'è un'unica condizione, apparentemente o, a parole, semplice: farsi aiutare.
Farsi aiutare significa prima di tutto riconoscere che se ne ha la necessità e che, soprattutto, farlo non è una cosa di cui vergognarsi. La punizione della vergogna è per chi fa del male consapevolmente, per chi ruba, chi uccide e non per chi soffre, per chi perde la casa , non è per chi ha fallito. I termini "depressione" e "panico" sono stati così abusati al punto che hanno quasi perso i loro significati originali. La depressione è una malattia, una malattia gravissima che può colpire per ragioni diverse e imprevedibili, che non hanno una scala universale di valori, può colpire e basta, come una qualsiasi altra malattia fisica. E' esclusivamente perché ci si ammala e, come tutte le altre patologie, non ci sono colpe. Succede.Chiedere aiuto, in primo luogo agli amici e alla famiglia, significa, oltre che prendere consapevolezza del proprio stato di salute, accendere una vigilanza sociale, una cura particolare e attivare così una catena di solidarietà che prenderà tante direzioni.Io vorrei parlare di questo, far riflettere e farmi aiutare a riflettere sul motivo per cui perché per tutto il resto no? Qual è la vergogna? Il cervello non è sempre parte del nostro corpo, può anche lui, come tutto il resto andare in tilt?La domanda è retorica ma, chissà perché, non ce ne prendiamo cura. Quando si sta così male, quel male che ci impedisce di dormire la notte, di svegliarsi al mattino, quel cubetto di porfido che pesa sul cuore, sullo stomaco, che si ancora nella gola, quando si pensa che ogni cosa sia solo vana e insopportabile, quando niente, assolutamente niente ci fa sorridere e, se succede, ci si sente subito in difetto, quando, quello che si finisce per essere, è solo quello che si sente.Ecco quando finiamo per essere solo quel male bisogna dirlo.Dire, fare, baciare, lettera, testamento. quando dire è comunicare, fare è
muoversi verso l'altro, baciare è chiedere amore, aiuto, lettera è raccontarlo a tutti perché anche gli altri non si sentano più soli e testamento perchè si lasci qualcosa, dopo la nostra esperienza, che sia documentazione, archivio utile "a futura memoria"


paesino?



Tornando indietro nel blog quando facevo vita attiva mi sono accorto che:Quando pensavo che fossero tutte cazzate, ecco che ci cado. Sai no? La depressione, la tristezza, la solitudine… Tutte puttanate che capitano a dei sempliciotti, persone che probabilmente non hanno spina dorsale e gli piace cullarsi in scusanti per non fare nulla ed avere delle giustificazioni.E invece…?E invece mi sono rovinato la vita.Sono caduto con tutte le scarpe in questa trappola mentale e maledico per averlo capito solo quando ho perso una parte di me.Spesso si va troppo veloci in un questo mondo, mi ricorda quando ero piccolo in macchina con mio padre che sfrecciava a tutta velocità. Io stavo spesso dietro ed appoggiavo mento e naso al finestrino, divertendomi ad appannarmi la vista con il respiro.Andavano troppo veloci e mi perdevo ogni dettaglio, riuscivo a malapena a guardare il contorno, il contesto, che spesso era solo figure deformate che mi ricordavano qualcosa di già visto.Il mondo, specie quelli dei grandi, va esattamente cosi.La vita è quella macchina veloce e noi tutti siamo quel bambino dietro. Incapace di distinguere le cose, di vedere le sfumature o anche solo fermarci un po’.Probabilmente così è iniziato. Più che il bambino allora potrei essere un cartello o un’uscita dell’autostrada, sta di fatto che “non ero visto”… Anzi per usare un linguaggio automobilistico ero un’uscita “saltata” o “persa”.Nonostante cercavo di essere il più chiaro possibile, bello grande, blu e bianco e catarifrangente mi saltavano.Tutti…Gruppo di amici, la famigliola in vacanza, il vecchietto o la ragazza solitaria.Anzi la ragazza solitaria si era fermata eccome.Ho provato in questo ultimo periodo a valere qualcosa, ad essere riconosciuto. Come se fossi un paesino bellissimo ed interessantissimo, cercavo di farmi pubblicità, di fare marketing… Che poi alla fine si tratta di due cose: mostrarsi o essere necessari.Ho provato ad essere necessario senza risultati, anzi spesso era come se non avessi nulla, ed anche il mostrarsi non ha avuto grandi riscontri. Probabilmente ero stato depennato dalla cartina geografica.E come ogni paesino che si rispetti, inizia a morire lentamente. Le persone se ne vanno, cercavano la fortuna o di farsi una vita altrove, e tu vali sempre di meno. Le tue qualità, le tue risorse, vanno a scarseggiare sempre di più ed è così che tutto inizia se non reagisci capendo in tempo tutto.Arrivi anche a pensare che forse sarebbe giusto che all’incrocio per venire in quel paesino ci debba essere un mega incidente, per far clamore, per far notizia.Tipo “novi ligure”, voi per che cosa la ricordate? Oppure “erba”? Vedete? Forse non è così sbagliato concettualmente… Ma per quel poco che mi è rimasto, moralmente non ci sarei mai riuscito. Non avrei mai il coraggio per sbandare.Allora sanguini.Fino al punto che distruggi tutto, fino a quando non ce la fai più, che cerchi disperatamente qualcosa, anche al di fuori, per sentirti di valere qualcosa.Tipo organizzi una festa!Ma la festa è un flop, non sei nemmeno capace a farle, sei un paesino tranquillo, con dei principi, sani valori… Non è roba tua, ma ormai il danno è fatto.Le persone, le poche che rimangono lì, ti criticheranno per tutto, ti odieranno, di denigreranno. Si dimenticheranno presto di quanto fosse semplice e piacevole la vita da te… Penseranno solo ai tuoi errori, magari anche turisti capitato solo nel momento più sbagliato in assoluto. Senza rendersi conto che poi, puntando il dito, continuano inesorabilmente ad alimentare quel processo di distruzione, di sgretolamento.Ormai tutto ha quasi toccato il fondo… Sono ben poche le cose che puoi fare. Il malessere potrebbe essere strumento per affogare o risalire…Io sono risalito, ma a caro prezzo.Perché nonostante gli snob, quelli della città non volevano abitare da me… C’era chi invece voleva proprio quello, cercava quella tranquillità e semplicità… Quella ragazza solitaria aveva preso casa e stava bene.Peccato che l’hai capito solo quando le hai distrutto le fondamenta di casa per pensare ad essere visto.

Friday, September 23, 2016

attivi e inattivi


Mi chiamo Daniele e in vita mia ho fatto diverse cose come attivita' elencarle sarebbe lungo vi invito a leggere il mio sito http://www.tenka.altervista.org/ .Sono attivo dal 1998 e forse un po' anche da prima. Da giovanissimo inseguivo una chimera come lavoro e poi sbagliando me ne sono bruciato due,trovti da solo dove avrei potuto trovare il mio habitat.… da alcuni anni (non fu dal 98 anche prima avevo degli sporadici sintomi) ho iniziato a soffrire di lunghi e ciclici periodi di depressione: senza una ragione razionalmente apparente e in concomitanza dei mesi invernali,le feste, i week end, con un brusco cambio dell’umore,tutto mi diventa più difficile e faticosissimo.Ho sempre continuato a lavorare ma con un profondo senso di inadeguatezza: tutto perde di colore e di sapore; i profumi della vita svaniscono. Per mesi sopravvivo cercando di fare al meglio il mio dovere con l’angoscia di non uscire da un tunnel senza luce. Cerco di farmi forza, cerco disperatamente aiuto, mi curo e vado avanti fino a che,ma non tornano la voglia di vivere, le soddisfazioni nel lavoro, la speranza nel futuro, la gioia delle piccole soddisfazioni quotidiane.Nulla cambia e Nulla torna ad avere un senso, un significato, uno scopo. Il timore più grande è quello di non riuscire più a lavorare perché questo nostro lavoro richiede quotidianamente grande energia.Leggo che la sindrome ansioso-depressiva taglia ogni anno le gambe a centinaia di persone, che diventano inidonei al lavoro. Il fenomeno è in crescita: le crescenti difficoltà economiche, la flessibilità che ha imposto modalità di lavoro sempre più pesanti con datori di lavoro sempre piu' esigenti, la considerazione sociale che cala, i tempi della pensione che si allontanano a ritmi impensabili (in trent’anni si è passati dai quattordici anni sei mesi e un giorno ai sessantasette anni di età…) e la prospettiva è quella di passare da uno stipendio da fame ad una pensione oltremodo decurtata.Si riesce a vivere consumando risorse lasciateci dai sacrifici delle generazioni passate altrimenti sarebbe pressoché impossibile comprare una casa in una città come Lucca.Questo è un lavoro nobile che può dare grandi soddisfazioni ma che può diventare fortemente usurante soprattutto se si è costretti a farlo oltre le proprie forze.Ringrazio la pazienza dei colleghi straordinari con cui ho lavorato e quella dei genitori, ma mi sento in diritto di puntare il dito contro chi in questi anni ha massacrato il lavoro, tagliando salari e amputando risorse umane ed economiche.I nostri figli meritano una vita di alta qualità ma questa possibilità si basa ormai sempre di più sulla buona volontà e sullo spirito di sacrificio di noi inetti… e talvolta le gambe vacillano…



Thursday, September 22, 2016

Il leone ci insegue


“Ogni giorno una gazzella si sveglia e sa che dovrà correre più del leone altrimenti morirà”. E allora io, con la mente invasa dal pessimismo assoluto, risposi: “Beh, fossi io la gazzella, mi farei mangiare dal leone e chi si è visto s’è visto!”. Un lieve sorriso comparve sul volto della dolce del mio dottore.Se fossi una barchetta di carta che sbatte negli scogli mi lascerei andare a fondo. In quel momento per me aveva un senso, perché passare la vita a correre per non morire? Non è più facile lasciarsi mordere l’anima finché il leone sarà sazio?o affondare nel profondo del mare come una culla gigantesca che ci puo' accogliere.Ora aspetto il Pronto Soccorso, i medici e i dottori, perché penserete che io sia un malato semi-rinchiuso. È più facile dare questa denominazione a chi, come me, soffre di depressione. Non mi soffermo sui motivi, non mi capireste, e , per di più, non devo giustificarmi con nessuno, ma, a seguito di una discussione, mi son ritrovato ad ascoltare dei commenti riguardo a questo disturbo che mi hanno letteralmente scioccato.Molte volte i malesseri compaiono senza un motivo apparente.La depressione, o come la si usa chiamare “mal di vivere”, è un argomento di cui si parla poco, ma molta gente ne soffre e sta in silenzio o non si cura. So che molti di voi penseranno che ci sono malattie peggiori, quelle del corpo, che decidono per noi, ma vi posso assicurare che la vita mi ha insegnato a conoscere anche quella. Al timone della depressione navigano loro: le nostre emozioni, quelle represse, mai fatte uscire, trattenute nella nostra mente finché, al cambio della guardia, eccole prendere il controllo. Ci si arrende completamente alla parte negativa dei nostri pensieri, è come se ci fosse nella nostra mente un duello tra negatività e positività, è una lotta lunga una vita, ma ad un certo punto, degli eventi o qualcos’altro mettono k.o. i pensieri positivi ed ecco salire sul podio ansia, angoscia, paura e il “lasciatemi stare”.E poi chiamano la sindrome "bipolarismo" io mi definirei "monopolare".Ed è proprio qui che avviene il senso della nostra vita, dimostrare a noi stessi la forza che abbiamo dietro quelle lacrime versate sulle lenzuola,o non versate che rimangono nel cuore, quelle tazze di camomilla che non finiscono mai, dietro i pianti di chi ti ama e non sa cosa fare per te. Già, l’amore può guarire, ma non sempre può bastare, perché se non ami te stesso è come se gli altri amassero un fantasma, qualcuno che non esiste, e quindi per noi i malati  siete voi.In molti casi si vive bene in solitudine con il proprio essere senza nessuna persona accanto a riflettere con il proprio inconscio.Non è facile, non è facile per niente, è come prendere a pugni un muro, solo scavalcando lo si può superare, ma non tutti hanno un fisico atletico e questo non vuol dire che siano meno forti.In molti casi c'e' l'arrendevolezza e ci si adagia nel male oscuro come fosse un lieto,poco piacevole,compagno.La depressione non deve essere un tabù, un disturbo di cui vergognarsi, perché siamo tutti gazzelle e corriamo verso la stessa direzione. Chi andrà più veloce, chi rimarrà indietro, chi arriverà strisciando al traguardo, ma l’importante è lottare, non importa come e quando, quel leone ha fame e se lo alimentiamo con la nostra ignoranza, sarà più veloce e chi sta indietro cadrà. “Devi reagire!” è la frase che tutti ripetono,come fa male sentirselo dire anche se tu lotti e non riesci a raggiungere il traguardo, ma non capite che il problema è proprio il non voler reagire, si abbandonano le forze e soprattutto la speranza. Io auguro a chi riesce a dominare la sua situazione, di non rinunciare mai a darsi una seconda possibilità, che solo l’aver affrontato il problema vuol dire che la voglia di vivere non si è ancora spenta. Non sei solo ad affrontare quel mare profondo e non vergognarti di quello che senti, perché nessuno ha il diritto di giudicare, anche se lo faranno, pensa che è meglio vivere con una spada in mano, piuttosto che nascondersi dietro uno scudo. Si perde una battaglia, ma non la guerra! Tutti meritiamo la serenità, specialmente se sudata, ma dipende solo da noi, con che occhiali vogliamo vedere la vita.
“Nascere è ricevere l’universo in dono”.

Tuesday, September 20, 2016

Caro dottore


“Caro dottore per favore, non nascondere la diagnosi. Entrambi sappiamo che io sono qui per sapere se ho qualche seria malattia. Se so cos’ho, posso combatterlo e ho meno paura . Se tu mi nascondi la diagnosi e non mi dici come stanno le cose , mi togli la possibilità di aiutare me stesso. Mentre tu ti stai chiedendo se io la comunicherei , io già lo so. Puoi sentirti meglio se non me lo dici, ma il tuo inganno ferisce.
Non dirmi quanto tempo dovro' soffrire ! Io solo posso decidere quanto soffrirò. Sono i miei desideri, i miei obiettivi, i miei valori, le mie energie, la mia voglia di vivere che fanno la differenza e prenderanno la decisione!
Fai capire a me e alla mia famiglia come e perchè mi sta succedendo questo. Aiuta me e la mia famiglia a vivere ora. Dimmi cosa devo mangiare e di cosa ha bisogno il corpo. Dimmi come usare la conoscenza e come il mio corpo e la mia mente possono lavorare insieme. La guarigione viene da dentro, ma io voglio unire le mie forze alle tue. Se noi due diventiamo una squadra, io potrò vivere una vita un po’ più migliore. Dottore, non lasciare che le tue aspettative negative , i tuoi timori e i tuoi pregiudizi infettino il mio stato di salute. Non guardare solo alla mia possibilità di star bene, vai oltre le tue aspettative. Dammi la possibilità di essere l’eccezione alle tue statistiche!
Insegnami ciò che sai, le tue credenze e le terapie, ed aiutami a portarle nella mia mente. E ricorda, sono le mie credenze e convinzioni ad essere le più importanti. Ciò in cui non credo non può essermi d’aiuto.
Devi studiare e conoscere ciò che la malattia significa per me: dolore, o paura dell’ignoto. Se il mio sistema di credenze accetta terapie e non accetta la tua terapia , non abbandonarmi.
Per favore, prova a farmi cambiare idea e a cambiare il mio sistema di credenze, sii paziente con me,aspetta e credi nel mio cambiamento. Potrebbe arrivare un momento in cui io sia terribilmente ammalato e bisognoso della tua terapia e del tuo aiuto come e' gia' successo.
Dottore, insegna a me e alla mia famiglia a convivere con la malattia, anche quando non ci sei tu con me. Concedici del tempo per farti delle domande e dacci un po’ di attenzione quando ne abbiamo bisogno. E’ importante che io mi senta libero di parlare con te e di farti domande. Vivrò un po’ di più e la mia vita avrà un po’ più senso se io e te sviluppiamo una relazione significativa. Io ho bisogno di te per raggiungere i miei nuovi obiettivi”.
"ai crescenti successi della medicina corrisponde paradossalmente, l’aumento d’insoddisfazione tra i pazienti e gli stessi medici, che peraltro sembrano andare per strade diverse: i pazienti alla ricerca di una maggiore tutela, i sanitari alla ricerca di un riparo da richieste di salute a volte difficilmente soluzionabili." A volte, la relazione tra medico e paziente potrebbe farsi complicata perché il medico potrebbe non avere la possibilità (in termini di tempo, risorse e formazione) di cogliere quei bisogni di cura che vanno al di là del corpo del paziente."alle tematiche relazionali per accrescere la capacità di sviluppare un rapporto empatico con il paziente"L’ipocondria è la paura o la convinzione di avere una malattia grave a dispetto delle evidenze cliniche. L’ipocondria è l’espressione di un disagio che cerca di elicitare risposte di rassicurazione da parte degli altri. Il disturbo sembra essere legato ad uno stile d’attaccamento insicuro  per cui la persona tende a vedere se stessa come immeritevole di cure (in senso ampio) e/o gli altri come incapaci o disinteressati a fornirle. Inoltre, precoci esperienze di malattia che colpiscono la persona o un suo familiare, tendono ad aumentare la probabilità che i disagi possano esprimersi attraverso il corpo e le sensazioni.

solitudine2

Esiste nella mente d’ogni uomo un angolo nascosto che possiede una grande energia.
In quella parte della mente si annidano delle sensazioni molto intense, sopite per la maggior parte del tempo quotidiano ma
dirompenti quando la barriera della coscienza cede all'imperativo espressivo. In queste pagine vorrei condividere con voi una di quelle sensazioni. La sensazione unica ed inconfondibile della solitudine. Se vi chiedete il perché di questo tema sappiate che non ho una risposta tutt'al più penso, a ragione o a torto, che il parlarne ci può giovare.
La solitudine è un oggetto misterioso quanto affascinante. Amata, odiata, o ricercata ha contribuito al destino degli uomini, ma...
Concedetemi una pausa. Non vorrei parlare della solitudine dei grandi uomini,  ma di quella più semplice che ci accompagna
quotidianamente. La solitudine della gente comune, che vive, lavora, sta insieme con gli altri e non per questo n’è esente e non per questo diverrà mai un esempio per gli altri.
Esiste dunque una solitudine comune? Si, penso proprio di si, quella dei piccoli gesti quotidiani. Da quando nasciamo la solitudine ci accompagna ;
È una cosa bella? È brutta? Ma! Sicuramente è necessaria..
Della solitudine, dunque, non ne possiamo fare a meno. Ci riconduce ad una perdita, ad un sentirci lontano da ciò che desideriamo, da ciò che amiamo. Ciononostante, guardando il
veloce fluire degli eventi quotidiani, ci appare strano che esista la solitudine. Viviamo in un mondo sovraffollato. Le città sono caotiche, le strade ingombre d’auto, gli spazi vitali sempre più ristretti. Riusciamo a ritrovare una dimensione più “umana” quando troviamo un angolo verde, tranquillo, dove siamo “soli”.
Tutto ciò sembra un paradosso. Fuggiamo dalla solitudine e viviamo in città compresse, ma ritroviamo noi stessi quando siamo soli.
Probabilmente, la solitudine ci appartiene e ci protegge, come la nostra pelle.
 Certamente la società, in cui viviamo, non ci aiuta ad elaborare la solitudine, a farla diventare un elemento di forza e non di sconforto. I mass media, gli slogan pubblicitari invitano, se così si può dire, ad isolarsi, ad esprimerci nell’unicità. La pretesa d’unicità è immaginaria, poiché tutto ciò che ci propongono è raggiungibile da tutti con i medesimi oggetti. “Un’unica sensazione di benessere”: riecheggia la voce nella pubblicità. L’uomo sembra, dunque, fuggire incessantemente dalla solitudine, ma compie il gioco del gatto che si morde la coda, la
ripropone, puntualmente, come un destino maledetto che non lascia scampo alla ripetizione, nelle sue costruzioni sociali.
Proponendomi di raccontare le quotidiane sensazioni sulla solitudine, ho provato ad osservare quante volte, nell’arco di una sola giornata della mia vita, mi sono sentita sola.
Ho avuto un sussulto, quando, alzandomi la mattina, mi sono reso conto che avevo trascorso la notte da sola. È vero, i sogni mi hanno tenuto compagnia nella notte, ma al mio risveglio  non avevo che me stessa  rannicchiata in un lato del letto.
Forse questa è una banalità, ma di quante banalità è fatta la nostra giornata. Avete mai osservato le persone per la strada che si afferrano per mano? È un gesto unico, di profondo affetto. È un modo per stare vicino ad un altro. È un modo per sentirsi vicini alle persone che si amiamo. Quante volte, però, la mano tesa non ha ricevuto risposta? Perché si, perché no, poco importa. In quegli attimi, il tempo acquista significato e la nostra capacità di vivere la solitudine è messa a confronto con la nostra natura più intima. Sarà poi la nostra eredità “emotiva” a definire il grado di tollerabilità della stessa. È dunque
nel destino dell’uomo avvertire la solitudine, anche nei piccoli gesti quotidiani, come quello di salutare un amico che si congeda? Si, penso di si, ma non sempre ne rimaniamo traumatizzati. La storia ci ha insegnato, come se non avessimo già imparato abbastanza dalla nostra vita quotidiana, quanta forza si può acquisire dal restare solo. L’impossibilità di esprimersi, provocata da situazioni forzate, ha permesso a Dostoevskij il recupero di forze spirituali che gli ha permesso di sopportare la prigionia e di scrivere opere memorabili. Lo stesso Beethoven, ha dato alla luce la sua opera più geniale nel silenzio fisico. Gli orientali affermano che “dal fango può nascere un fior di loto”. Noi, possiamo affermare con altrettanta enfasi che “dalla solitudine può nascere la creatività”. Allora la solitudine non è solo rifiutata, ma ricercata. Mi riferisco alla solitudine feconda quella che non scade in isolamento e che permette di realizzare dei veri incontri, prima tra tutto quello con se stessi. Nasce allora la fiducia, costruita con gli anni, sicuri d’avere uno spazio, prima mentale che fisico, dove è
possibile integrare i pensieri con i sentimenti. La preghiera, la meditazione, il concedersi una pausa, magari facendo il giro dell’isolato, permette un momento di astrazione, di abbandono ad un silenzio ristoratore. E’ un viversi dentro possibile, in grado di attribuire significato alla vita, alle emozioni, al silenzio ritrovato. Non a caso la normalità, la nevrosi e la psicosi esprimono, in modo diverso, la capacità di vivere la solitudine. Per alcune persone, la solitudine garantisce loro l’equilibrio psichico ed affettivo. Grazie ad una breve fuga dalla tensione quotidiana è possibile evitare un leggero stato di
depressione e magari, perché no, investire in creatività. Parimenti ciò non accade nelle forme in cui il disturbo psichico è più importante. In quei casi la solitudine corrisponde ad un pericolo, potentissimo e violento. La capacità a tollerare la solitudine, purtroppo non è distribuita dalla natura in modo eguale.
Non è un destino immutabile, dalla solitudine si può emergere e se non è possibile farlo da soli perché non farsi aiutare. Non è forse quello che continuano a dire, in modo più o meno diretto, gli psicologici e gli psicoterapeuti di ogni dove?
La solitudine può diventare, allora, una compagna amica.

IO:Camminatore che vai cercando la pace al crepuscolo la troverai alla fine della strada


Volevo ritornare sul mio hobby quando mi viene permesso di spostarmi in montagna a riflettere.Mi piace farlo quando ci sono temporali ma non in montagna troppo scoperta paesuccoli dove c'e' un po' di abitato possibilmente anche un bar e un piccolo cimitero semi abbandonato.E' il fascino di bagnarsi un po' e fermarsi o in quella specie di casine dove c'e' la fermata dell'autobus o sotto qualche vecchia cappellina in qualche cimitero semi abbandonato.Vedi il temporale che sbatte,risuona libera la sua energia e fa sentire come se ci fosse solo quell'attimo.C'e' chi dice che e' pericoloso stare in montagna quando c'e' il temporale ma il fatto di avvicinarsi al cielo in quella circostanza rende tutto cosi' piu' dolce e il male oscuro sembra che se ne vada.Un gioco di aria ionizzata mi dicono,forse si.Allora la mia collocazione di dove vivo e' sbagliata dovrei andare su qualche collina a vivere.Sento spesso la volonta di isolarmi in qualche luogo semi-isolato e di riflettere.Il fiume e' diventato offlimits dopo che alcune persone ci sono affogate tempo fa.Ma voglio tornare anche li a sentire il fruscio dell'acqua che scorre inesorabile e che si fa spazio (come nella vita) lungo il suo tragitto.Penso penso e spesso non capisco se ne vale la pena,costretto a una vita di questo tipo.Il pensiero vola basso e in maniera molto realistica fare le cose che facevo prima potrebbero risultare anche difficili ora.
Non so ho la mente confusa specie oggi,oggi che sono pure solo a casa mi prendero' cura del mio cane e vedro' se riesco a non pensare a pensieri negativi,ma la tentazione e' forte, e' piu' forte di me e' come un bambino piccolo che vede la torta di pandispagna e ci vuole infilare la manina.Che ricordi io da piccolo l'ho fatto e il mio tato,il mio padrino del battesimo mi lecco' la mano.Ma in realta' mi trascino le mie debolezze dall'infanzia?forse si , non ho mai socializzato molto bene con i miei compagni, tendevo sempre a isolarmi con un mio carissimo amico,anche lui caduto nel male oscuro.Sento il bisogno di serenita' di tranquillita' ma non trovo il giusto equilibrio o la concentrazione o la liberta' per farlo.Devo sempre tenere per molti la maschera della tranquillita' dell'uomo sereno anche se di quell'uomo non c'e' la traccia.Barista mi faccia una cortesia un caffe' al vetro e un bicchiere di acqua gassata,il caffe' del bar lo bevo poco zuccherato e un sorso d'acqua prima e un sorso d'acqua dopo per voler cancellare il sapore del caffe',prendere solo la sua energia e allo stesso tempo nascondere il senso di colpa di avere preso il caffe' al bar.Bar: dove tutti vanno e in molti bevono alcolici io nemmeno piu' quelli.Che vita ingrata.Sento i passi di un uomo che si avvicina e della via che non riesco a scegliere o ad avere la liberta' di prendere,voglio vivere,voglio uscire da questa prigione e nella pochezza della mia vita decidere io cosa fare e prendere una decisione giusta o sbagliata a seconda di cio' che il mio essere decide di fare.Sono perplesso e forse ho bisogno di persone "vere" al mio fianco.

tristezza


Tutti sappiamo cosa significa attraversare un brutto momento, quando il dolore e i pensieri negativi ci obbligano a riprogrammare molti aspetti della nostra vita. A volte il semplice fatto di vivere momenti del genere è un modo per imparare e ottenere nuove strategie per affrontarli in futuro.Ma se la tristezza dovesse essere costante nella nostra vita? Cosa succede se questo malessere interiore, il dolore e lo sconforto non scompaiono, ma ce li trasciniamo dietro giorno dopo giorno? In questo caso, si tratta di un disturbo chiamato distimia.La distimia è una forma di depressione, caratterizzato da sintomi affettivi ed emotivi importanti, che nella quinta edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali  (DSM-V) viene classificato come “disturbo depressivo persistente”. 
  • È una costante sensazione di tristezza e di sconforto. Non ci sono momenti migliori o peggiori, ma di solito questa sensazione emotiva così negativa dura più di due anni o piu'.
  • Vale la pena sapere che questo tipo di disturbo non è quasi mai legato a “fattori esterni”, vale a dire, non sono necessarie delusioni o perdite affettive per cadere in questa forma di depressione. L’origine è organica e quasi sempre ereditaria
  • Di solito compare intorno ai 21 anni di età.(1998)
  • Nonostante ci sia una componente ereditaria, lo stress solitamente è un fattore che peggiora notevolmente questa sensazione di sconforto.
  • Alla tristezza si aggiungono il cattivo umore, la stanchezza, l'insonnia i disturbi alimentari e la difficoltà di concentrazione.
  • Se la distimia non viene trattata in tempo, può sfociare in una “depressione maggiore”, cioè un disturbo mentale ancora più grave.
  • Innanzitutto, bisogna avere ben chiaro che la distimia è una patologia che va gestita e affrontata durante tutto l’arco della vita. Possiamo godere di una qualità di vita adeguata giorno dopo giorno? Sì, è possibile, ma sono necessari alcuni passaggi:
    • Farmaci antidepressivi
    • Sessioni di psicoterapia comportamentale e cognitiva, più incontri di gruppo.
    • Assistenza medica periodica durante tutta la vita.
    • Sostegno e conforto sociale (amici, parenti) e personale.
    Dobbiamo tenere presente che l’origine di questo disturbo è ereditaria, quindi organica. Quasi sempre si verifica un’alterazione nei neurotrasmettitori di serotonina.Questo significa che i farmaci saranno efficaci e che, senza dubbio, la terapia psicologica sarà di grande aiuto. Tuttavia, bisognerà seguire questi trattamenti e terapie tutta la vita. In questo modo, le persone affette da distimia potranno godersi la vita giorno dopo giorno realizzare i loro sogni e raggiungere i loro obiettivi.
    È necessario che le persone a cui è stata diagnosticata la distimia siano consapevoli del loro problema e che dimostrino di avere grande forza interiore per capire cosa sta succedendo loro. È una malattia da tenere sotto controllo e soprattutto è importante individuare e gestire le fonti di stress e di ansia perché possono far peggiorare la situazione.
  • Alle volte parlo con un amico ci incontriamo per strada, inizia una conversazione. "Come va?" dice il prima" "Non me ne parlare, sono depressissimo» il  la secondo, il cui racconto in realtà mi fa apparire solo un po’ annoiato del suo lavoro e della sua vita privata. Il fatto è che chi e' depresso non ha quasi mai la forza e l’entusiasmo per usare il superlativo (non dice sono depressa ma depressissima), una frase simile è l’emblema della paradossale “cultura della depressione” che ci circonda. Tristezza, malinconia, sconforto, mancanza di forze e di entusiasmo, sbandamenti un po’ più prolungati o intensi del solito, vengono catalogati da chi li vive o da chi sta intorno come depressione.