Monday, October 30, 2017

pianto dal cuore


E' tanto che non piove!Anche il tempo ci lascia piangere da soli.Ma non durera' molto torneranno le stagioni delle piogge.E piovera' proprio parecchio! E da tanto che non pioveva più. Certo, io amo particolarmente la pioggia ma, quando piove e io ho la possibilità di fermarmi un attimo, di rallentare i ritmi frenetici e di guardare fuori dalla finestra, devo dire che la pioggia stimola moltissimo il mio pensiero. Guardo la pioggia e penso alla tristezza a quella che ho interiormente. Penso alle numerose volte che mi sono incantato guardando la pioggia fuori dal finestrino di un autobus, tornando da scuola da adolescente, e a quanto riuscivo ad abbandonarmi alla tristezza. Una tristezza catartica, misteriosa, nostalgica, introspettiva. Quella tristezza era malinconica, accompagnata da qualche musica lenta e dalle parole sconosciute che le facevano da colonna sonora. Ricordo quei momenti come profondamente meditativi.Spesso mi ritrovo all'aria aperta quando piove:alle parole d'oro,in montagna,in montagna capita anche spesso che ci sono i temporali con un mio carissimo amico mi faccio portare in qualche cimiterucolo abbandonato riparato sotto il tetto delle colombaie e vedo il temporale che scende giu',tuoni,lampi,saette. Ricordo che penso a moltissime cose! Pensavo agli amici, pensavo alla mia vita, ai miei piccoli grandi problemi quotidiani. Pensavo all’amore. Pensavo al silenzio e alla solitudine. Ai miei sentimenti e a ciò che provavo. Pensavo a me! Qualche volta scendeva una lacrima e una sensazione cupa mi accompagnava per tutta la giornata. Ripensando a quei momenti sono sempre più convinto che siano stati ottimi compagni di crescita. Anche così sono potuto diventare quello che sono.Piu' attento piu' riflessivo ma con un cuore affranto da chisa' cosa. Due facce di una stessa medaglia. Gioia e Tristezza, come le protagoniste di Inside Out. E così sono anche oggi. Con sfumature diverse, profondità diverse, ma ancora così. Ho bisogno dei miei momenti bui per poter riemergere forte e determinato verso la luce. Ho bisogno di entrare in me stesso per scavare e ritrovarmi. Penso a questo mio modo di essere e alla profondità in cui riesco a ritrovarmi e poi mi guardo intorno e vedo quanta brama di felicità obbligatoria ci sia in moltissime persone. Quanta ricerca della felicità per sempre e a tutti costi. Quanto desiderio di mostrarsi giovani, sorridenti e perfetti ci sia,la massa alla quale non mi sento piu' di appartenere,si ci sono sottili velature nel mio viso di confondermi con loro ma quello vero il vero Daniele quello che si toglie la maschera e' quello cupo e solitario che ama riflettere e ricercare il proprio io in solitudine. Quanta paura dell'imperfezione,della faccia triste, del capello fuori posto. Quanta preoccupazione per quel che che gli altri credono che io sia se mi vedono triste oggi. Poi penso a quanta ansia genitoriale c'è di fronte alla lacrima di tristezza o di frustrazione di un bambino. Quanta paura ci sia nell’affrontare la malinconia dei propri figli adolescenti o non piu' adolescenti che si trascinano problematiche introverse come le mie anche in eta' adulta. Quanta difficoltà ad accoglierli come persone a tutto tondo, ricchi di altalene emotive e paure e tristezze così come di gioie ed euforie.
Perché abbiamo così paura dei grigi emotivi? Fanno parte di noi. Fanno parte della nostra costruzione personale. Vivere la tristezza con le sue mille sfaccettature, ascoltarla, affrontarla, capirla, riconoscerla, mostrarla, ci rende vivi. Quando siamo tristi gli altri possono aiutarci e sostenerci.Oggi da una persona a cui tengo molto ho ricevuto un abbraccio stavo per piangere mi sono trattenuto,ma la tentazione era forte. Quando un bambino piange la sua mamma lo coccola, lo consola, gli mostra che dopo la tristezza si può tornare a sorridere. Possiamo insegnare ai nostri figli a non avere paura della tristezza, ad accoglierla e ad accogliere l’aiuto. Possiamo dire loro che si può piangere e essere tristi, che non è sbagliato, che poi si può ritornare a ridere. Magari proprio di ciò che ci ha fatto sentire tristi. A nostra figlio,anche se non e' proprio il nostro figlio ma un paziente del nostro enturage, possiamo offrire una grande coppa di gelato da condividere chiacchierando si sente che la vita l'ha  deluso. Possiamo abbracciarlo e consolarlo come hai fatto oggi sei una persona speciale e ti ringrazio come ho fatto molte altre volte di esistere di stare al mio fianco. Al nostro bambino possiamo raccontare una storia della felicità dopo che avremo asciugato e accolto le sue lacrime per il litigio con la vita.
Io temo molto chi non piange mai, chi non mostra mai un dubbio, chi non vacilla, chi non si ferma e non dice mai “oggi mi sento giù”. Esprimere i propri sentimenti di malinconia non significa essere pessimisti ma accettare le emozioni per quelle che sono. Si può essere ottimisti pur accettando la malinconia. Si può dire “oggi mi sento giù, domani sarà un altro giorno” avendo la precisa consapevolezza che passerà. Rifuggire la malinconia, cercare a tutti i costi di nasconderla, ricacciarla in un angolo remoto e chiedere ai nostri figli di farlo è estremamente pericoloso perché un giorno tutta quella emozione potrebbe risalire con estrema violenza e travolgerci con un onda emotiva che non saremo in grado di affrontare. Potrebbe mutare forma e divenire rabbia, odio, fobia. Potrebbe inquinare la nostra vita di nascosto trasformandosi in depressione. Ma se la accogliamo così com’è, così come viene, libera di esprimersi in un emozione che diventa lacrima, in una giornata passata a guardare la pioggia persi nei propri pensieri, allora così come è arrivata se ne andrà. Se ci lasciamo consolare dagli affetti, accettiamo una spalla su cui piangere, guardiamo fuori dal finestrino del nostro autobus, allora torneremo presto a sorridere perché sappiamo che, come nella battuta di un celebre film: “non può piovere per sempre”.

Saturday, October 28, 2017

Fumare il sigaro ORA va di moda



Partirei con elencare i posti dove al chiuso si possono fumare i sigari qui nella mia provincia:sale slot tutto il giorno,alcune salette sempre slot mattina/pomeriggio/sera in 2 o 3 bar oppure nei night club un po' piu' altolocati ma questo la sera.E se rimani senza la sera? l'unica cosa e' prendere o l'autostrada se l'autogrill e' vicino e se il gioco vale la candela o altrimenti passare nel retro dell'autogrill spesse volte luoghi impervi e malfamati perche' si c'erano anche 2 o 3 bar aperti tutta la notte ma la crisi economica aime' ha fatto chiudere anche quelli e li ha fatti diventare dei semplici bar 7:00-23:00.Io mi riferivo a orari piu' inconsueti tipo dalle 01 in poi se resti senza sei spacciato.Un po' come se ti serve un medicinale dovrebbero tenere un tabacchino 24h/24.Questo fa parte della mia filosofia di alcuni anni fa quando eravamo in pochi fumatori ma da qualche decennio fa a oggi sembra proprio il contrario, e non solo nei salotti, alle cene, nei club, nei fumoir, insomma in quei luoghi deputati anche ai piaceri del fumo lento.La parte piu' ignobile secondo me sono i sigarini quelli grandi come una sigaretta.Un'offesa per il fumo lento.
Sempre più spesso i fumatori di sigaro li incontri per strada, mentre camminano, veloci, indaffarati per una giornata piena di appuntamenti, li osservi fumare mentre guidano oppure prima di entrare in banca o in un ufficio, che “tagliano la testa” al loro amato sigaro e se lo mettono in tasca.Io non ho questa abitudine lo appoggio su una finestra o da qualche altra parte dove lui ( il sigaro ) si puo' lentamente spegnere per ritrovarlo dopo.
Fumano gli uomini maturi, fumano i ragazzi, fumano le donne.
Certo non è la prima volta che nella storia dell’umanità il sigaro diventa moda e passione, il fatto difficile è distinguere quanto ci sia di reale godimento nell’accendersene uno e quanto di emulazione, atteggiamento, posa specie nei ragazzi giovani.
E si, perché, diciamolo francamente, ammantarsi di quel certo fascino hard boiled da personaggio noir è abbastanza facile mantenendo tra i denti un cubano o un toscano, e magari calcandosi in testa una coppola a quadretti o un Borsalino sulle ventitre.
Però, però… c’è anche il cultore puro del sigaro, quello che gode di tutto il rituale slow; dal momento in cui decapita con cutter il suo avana, passando per la combustione innescata dal jet-flame, fino a giungere all’ultima boccata.Io personalmente fumo il toscano ammezzato e devo dire che mi dispiace di non trovare il tempo utile per potere fumarlo intero infatti quando si avvicina la zona fuoco alla bocca sento il sapore cambiare.
E questo appassionato non è solo! Anzi. Forse poche cose al mondo hanno avuto tanti estimatori quanto i sigari, persino un uomo celebre per aver rivoltato la psiche degli essere umani come un guanto, mettendone a nudo sogni, pensieri, nevrosi non faceva mistero della sua dipendenza dalla nicotina; e gli sarebbe stato anche difficile dissimularla dal momento che quel signore, che si chiamava Sigmund Freud,di sigari ne fumava fino a 20 al giorno e diceva “ I sigari mi sono serviti per cinquant’anni come protezione e come arma nella battaglia della vita…essi sono in grado di dare un immediato piacere e indipendenza dal mondo esterno”.
Sigari in quota rosa.
Tra gli estimatori del fumo lento non ci sono solo uomini, molte donne non disdegnano il gusto di un buon toscano. 
Il sigaro è filosofia?
Una cultura, filosofia quella del fumo lento che spesso e volentieri va a braccetto con un approccio ironico, gaudente e scanzonato nei confronti dell’esistenza. Attingiamo ancora all’epoca del lumi e facciamo parlare Francois de La Rochefoucauld, incaricato dal governo francese di rapporti diplomatici nelle Americhe, che scriveva: “ Grande risorsa il sigaro. Bisogna aver viaggiato nei boschi, e solo, per comprenderlo, perché quel che c’è di meno nel sigaro è il piacere di fumare. Tutto il suo beneficio è morale. Siete portato alla noia? Il sigaro vi occupa e vi svaga. Siete incline al malumore? Il sigaro ne fa svanire la disposizione. Siete spossato da domande assurde? L’uso del sigaro vi dispensa dal rispondere senza troppa scortesia. Non trovate quasi da mangiare in albergo? Il sigaro inganna la fame. Siete perseguitato da idee tristi? Il sigaro vi tuffa nell’astrazione, nell’intorpidimento al posto della pena. Infine, avete qualche ricordo dolce, qualche pensiero consolante? Il sigaro vi ci tiene più a lungo. Qualche volta si spegne, e felice colui che non sente il bisogno di riaccenderlo subito. Potrei dirne ancora ben altro, ma eccone a sufficienza sul sigaro, al quale io dovevo questo piccolo elogio, per i servigi che mi ha reso”.
Sigaro, uno stile di vita che …salva la vita
Questo è troppo diranno i lettori salutisti: come può la nicotina aumentare le nostre chance di sopravvivenza, quando è certo invece che come un cutter il fumo ghigliottina la nostra salute?
Il protagonista di questa storia bizzarra è ancora una volta una celebrità: Pablo Picasso. Malaga, corre l’anno 1881 una donna partorisce, il neonato è in pericolo di vita, non respira. Cosa pensate abbia fatto il dottore, che mentre aiutava la puerpera a partorire trovava anche il modo di fumare un buon sigaro? Prende il neonato e gli soffia il fumo denso del suo sigaro nelle narici, Pablito tossisce e si salva!
Poi c’è il sigaro della discordia
Motivo di liti furiose tra uomini e donne, il sigaro ha fatto tremare più di un’unione, mettendo a dura prova la tolleranza delle donne per il cattivo odore che lascia in casa e sulla persona, ed anche perché fa nascere giustificate preoccupazioni sulla salute del proprio sposo.
La Regina Vittoria, una delle più grandi proibizioniste della storia, appena salita al trono tra le altre cose decise che fumare era vietato. Non era contento di questa norma il figlio, Edoardo, infatti appena la mamma passò a miglior vita si dice che proclamasse: gentlemen, you may smoke, abolendo con questa frase il divieto.
Chiudiamo venendo a tempi un po’ più recenti: Groucho Marx rispose alla moglie che non voleva fumasse “vorrà dire che rimarremo buoni amici”.
A qualcuno dopo questa lettura forse sarà venuta voglia di accendersene uno, di sigaro, ma mi raccomando seguiamo le indicazioni di Mark Twain che disse: “Fumo con moderazione, certo, un solo sigaro per volta”.


Friday, October 27, 2017

Sta passando il ciclone


Oggi e' stata una giornata triste,troppo triste dalle 10 di stamani a ora che sto scrivendo e mi accingo tra poco ad andare a letto verso le 20:30.Non sono riuscito ad andare a una festa,ad andare alle parole d'oro per stare un po' da solo.Non sono riuscito a fare nulla se non una passeggiatina nella vietta di fronte la chiesa che conduce al cimitero passando dietro la madonnina.Li ho trovato anche bruno ma non avevo voglia di parlare.Speriamo che domani passi ma non ci credo essendo esperto e' come un ciclone ora sono dentro il ciclone poi smettera' tra qualche giorno e ci sara' da raccogliere i cocci.Buonanotte a chi mi legge e a chi mi vuole bene.

La tristezza è un'emozione contraria alla gioia e alla felicità. Essa può essere provata in condizioni normali, durante la vita di tutti i giorni, oppure a causa di un evento particolarmente drammatico, come una perdita o un lutto.


Il momento della tristezza rappresenta l'incontro tra il desiderio e i suoi limiti propri. Non è l'esterno che in qualche modo delimita il desiderio, bensì questi limiti sono costitutivi del desiderio stesso. Accettare la propria limitatezza aiuta in qualche modo a superare la tristezza.

Questo sentimento è proprio soprattutto degli artisti, che cercano continuamente di superare sé stessi. Molti pittori, poeti, musicisti hanno prodotto le loro migliori opere in momenti di grande tristezza e malinconia . Come dicevo nel post precedente nei momenti di tristezza se ti isoli riesci a parlare con il tuo Io e a creare grandi cose.

La tristezza è un sentimento fisiologico se limitato ad occasioni circoscritte. Se questa situazione perdura per lunghi periodi si parla di depressione.

È il sentimento che si prova quando si perde una persona caraLa tristezza puo' nascere dal nulla essere intrinseca alla nostra personalita' viene in momenti dove nulla ti turba e ti rende infelice,anche quando le cose vanno tutte bene
La tristezza può essere anche portata dall'insoddisfazione.

Durante il medioevo la Chiesa aveva incluso nei Peccati Capitali anche la tristezza, in quanto questo sentimento indicava il non apprezzare le opere che Dio aveva compiuto per gli uomini.


La tristezza era fra i peccati capitali quando “l’eremita Evagrio e il suo discepolo Cassiano, sperduti nel deserto egiziano, avevano deciso che i peccati capitali fossero otto, poi nella seconda metà del VI secolo Gregorio Magno papa e padre della chiesa, pensò cristianamente che il numero sette fosse più consono alla fede, e tra l’ accidia (acedia) e la tristezza (tristizia) buttò via la prima, poi ricuperata definitivamente in sostituzione della seconda, nel XII secolo.

C'è anche da dire che, nel medioevo, la depressione era considerata malattia, che veniva curata con sanguisughe o altro, per eliminare l'eccesso di uno dei quattro umori che caratterizzavano, secondo gli "studiosi" di allora, l'uomo... in particolare, la tristezza era causata da un eccesso di bile nera... si trattava quindi di una malattia, più che di un peccato.

« Buongiorno tristezza, amica della mia malinconia...la strada la sai, facciamoci ancor oggi compagnia... » (Da Buongiorno Tristezza, portata al successo da Claudio Villa)

"Tristezza
per favore va via
tanto tu in casa mia
no, non entrerai mai

c'è tanta gente che ha bisogno di soffrire
e ogni giorno piange un pò
invece io voglio vivere e cantare
e devo dirti di no. . .

tristezza
per favore va via
non aver la mania
di abitare con me

ormai dipingerò di rosso la mia stanza
appena parti lo farò
al posto tuo ho già invitato la speranza
e finalmente vivrò."
(Tristezza di Ornella Vanoni)


Thursday, October 26, 2017

pensieri sparsi


- La tragedia d'Oreste in un teatrino di marionette! - venne ad annunziarmi il signor Anselmo Paleari. - Marionette automatiche, di nuova invenzione. Stasera, alle ore otto e mezzo, in via dei Prefetti, numero cinquantaquattro. Sarebbe da andarci, signor Meis.
- La tragedia d'Oreste?
- Già! D'après Sophocle, dice il manifestino. Sarà l'Elettra. Ora senta un po, che bizzarria mi viene in mente! Se, nel momento culminante, proprio quando la marionetta che rappresenta Oreste è per vendicare la morte del padre sopra Egisto e la madre, si facesse uno strappo nel cielo di carta del teatrino, che avverrebbe? Dica lei.
- Non saprei, - risposi, stringendomi ne le spalle.
- Ma è facilissimo, signor Meis! Oreste rimarrebbe terribilmente sconcertato da quel buco nel cielo.
- E perché?
- Mi lasci dire. Oreste sentirebbe ancora gl'impulsi della vendetta, vorrebbe seguirli con smaniosa passione, ma gli occhi, sul punto, gli andrebbero lì a quello strappo, donde ora ogni sorta di mali influssi penetrerebbero nella scena, e si sentirebbe cader le braccia. Oreste, insomma, diventerebbe Amleto. Tutta la differenza, signor Meis, fra la tragedia antica e la moderna consiste in ciò, creda pure: in un buco nel cielo di carta.
E se ne andò, ciabattando.
Dalle vette nuvolose delle sue astrazioni il signor Anselmo lasciava spesso precipitar così, come valanghe, i suoi pensieri. La ragione, il nesso, l'opportunità di essi rimanevano lassù, tra le nuvole, dimodoché difficilmente a chi lo ascoltava riusciva di capirci qualche cosa.
L'immagine della marionetta d'Oreste sconcertata dal buco nel cielo mi rimase tuttavia un pezzo nella mente. A un certo punto: « Beate le marionette, » sospirai, « su le cui teste di legno il finto cielo si conserva senza strappi! Non perplessità angosciose, né ritegni, né intoppi, né ombre, né pietà: nulla! E possono attendere bravamente e prender gusto alla loro commedia e amare e tener se stesse in considerazione e in pregio, senza soffrir mai vertigini o capogiri, poiché per la loro statura e per le loro azioni quel cielo è un tetto proporzionato.
Lo strappo nel cielo di carta (Il fu Mattia Pascal, Luigi Pirandello)

... e allora non sai qual è stato quel momento in cui tutto ha smesso di essere normale, come non sapevi come fosse nata quella sicurezza nonostante tutto.

Poi non l’hai più entrambe, sicurezza e normalità.

Quando il dolore rapisce il cuore, niente e nessuno può aiutarti a riconoscere il bene e si va avanti imprigionati da un senso di non appartenenza ed estraneità.

Nulla ti appartiene e non appartieni più a nulla, non te ne importa, non ci pensi perché il grido dentro non si spegne mai, a volte è lontano e sembra un’eco, poi torna vicino e rompe i timpani.
Estranea a tutto e a tutti, ma non te ne importa, scivola via la parola, il sorriso, il pianto, il gesto. Estraneità.

E vedi vivere, abbandonandoti all’inerzia di un mondo che non ti appartiene più, fino ad amare il silenzio...quel “silenzio in cui ti viene il dubbio se sia il caso di respirare”.

Vorrei tanto aver imparato a suonare il pianoforte. Solitario, indipendente, senza bisogno di altri, bianco e nero, destra e sinistra, una melodia che si addormenta su accordi complici.

Vorrei che le mie parole fossero melodia, arrivassero come il ricordo di un momento, colonna sonora di un’estate.

Vorrei dire come i colori su un dipinto, dire senza parole, perché il dire diventi semplice e non abbia bisogno del coraggio.

Incastrata nel dubbio se ciò che abbiamo perso si può definire tale a prescindere dalla consapevolezza del valore che gli abbiamo attribuito. Considero perse molte cose, avevano valore, ma penso che sia così solo per me, ora ne ho la certezza: nessuno mi considera persa, me o i momenti con me, passati o possibili. 
Nessuno.

Il valore di ciò che abbiamo perso è direttamente proporzionale a come consideriamo poi noi stessi …
Niente, una nullità.

Nessuna giusta distanza per scaldarsi senza farsi male … caro il mio Schopenhuer.
Nessun dubbio di una mano amica nel momento del bisogno, solo vuoto egoismo.
Egoismo che rende ciechi ad altre mani tese.

Opportunismo. Questo è stato solo l’inizio e non se ne esce più. Inimmaginabile il dolore, quel male dal grido muto, senza parole, senza suono, dolore che fa tremare le mani e non puoi trattenere, voler bene e diventare “opportunismo”. Dolore che alberga nella gola e la fa bruciare nel silenzio … in un silenzio che non può disturbare altro … altri, ignari nella stanza accanto sul limitare di una vita.

Il dolore sordo nel silenzio e di colpo la solitudine …

Ho cercato conforto, ho cercato rifugio, ho cercato momenti di pace in una vita d’inferno, implorato che qualcuno ascoltasse il dolore … per lenirlo, per farmi forte e affrontarlo, non si confrontano i dolori, i dolori sono dolori e basta, non ce ne sono di più grandi o di meno gravidi di angosce, e l’inevitabilità della vita, della morte … non è un alibi che placa la sofferenza, non può esserlo se speranza è ancora luce!

Ho visto la morte, ho accompagnato verso la morte, ho avuto l’assurdo bisogno di raccontarlo, bisogno che qualcuno mi dicesse “è la cosa giusta, tranquilla” ma non c’era nessuno. Volevo raccontare di bugie e di sorrisi forzati, di notti insonni tra un letto sudato e la terribile sensazione d’impotenza, ma non c’era nessuno.

Due funerali.

Tre.

La solitudine non va via se sei lontana da te stessa” di me resta solo la mia solitudine.

 … giorni, sono giorni che mi siedo qui, al caldo, e aspetto le parole, aspetto di poterne scegliere di belle, di poco brutali, di giuste, giuste per placare per un po’ il dolore, per l’ennesima volta

... ma sono lontane.

"Il cuore si stanca anche lui, vedi; e se ne va pezzo a pezzo, come le robe vecchie si disfanno nel bucato. Ora mi manca il coraggio, e ogni cosa mi fa paura; mi pare di bevermi il cuore, come quando l’onda vi passa sulla testa se siete in mare.
Tu vattene, se vuoi; ma prima lasciami chiudere gli occhi."


Giovanni Verga, I Malavoglia

non sei uno di loro


Li guardavi da lontano e non pensavi a loro. Indistinti, talvolta richiamati alla mente, mai a invadere i pensieri,  a occuparli nei momenti di vuoto, di pausa. Gli altri erano lì e di loro non te ne importava niente.Erano gli amici che dopo le tue peripezie si sono allontanati.Coloro che ti guardano con indifferenza.

Poi hai imparato a riconoscerli, a distinguerli tra la folla, i tratti si sono fatti più chiari, il profilo sicuro a tagliare lo sguardo curioso e perso.Hai imparato a distinguerti dalla massa dalla folla ignara del sentimento altrui.

Sei gli altri. Uno di loro.No ora non ti riesce piu'.Riconosci quelli che come te si sono visti allontanare.
Ora sei piu' come gli altri.

Hai avuto paura, brancolante fino al limite della pazzia dimenticando la strada del ritorno, una folle bestia ha strappato latrando un cervello rapito e lo ha nascosto come preda di caccia.

Sono lì, in mezzo alla folla degli altri, li guardo negli occhi e mi specchio nei loro, fantasma indistinto tra soprabiti lisi, usati, martoriati.

Passeggiano di notte  in strade senza luce, senza ombre o mani a cercare un appiglio.
Inghiottono il buio senza guardarlo in volto, non cercano mani solo un posto al riparo da occhi vitrei giudicanti.
Confusi tra pareti sudice di sangue schizzato di vita crudele … camaleonti involontari, nessuno li vede, nessuno.

Solo. Un altro degli altri.Che non trova come sua compagnia nemmeno la sua ombra.

Parli parole incomprensibili, tortura di voce senza suono, senza senso.

Nessun sorriso.

Sei altri, certo di partorire bugie bloccato in una realtà che non ti appartiene, ormai estraneo al mondo che ti ha sputato via.Ma c'e' sempre un modo per ritornare nella cerchia delle persone,cambiare idea,uscire con nuovi ideali.

Sei diventato gli altri, forse già lo eri.O forse no.

Orrida creatura senza diritto di respirare.
Senza valore, sentimento, dignità.
Gli altri, gettati in un labirinto di indifferenza.
Nuotare nella piscina dell’immondizia umana, lasciarsi seppellire dai rifiuti e scendere giù … con gli altri come te fino a soffocare.
Lo sapevi cosa succedeva agli altri, non li guardavi dal tuo riparato privilegio di un bene spontaneo, sicuro.Infondo non tutto il male viene per nuocere,ti permette di distinguerti dalla massa e di trovare riparo dalle bestie(persone) feroci.

No, non sei come loro, non vuoi esserlo.

Uno qualunque
Indegno
Un colpo di spugna
Un tratto di penna nera
Una spunta
Un foglio strappato
Una cicca pestata
Uno sputo
Un fantasma

In fondo è facile sparire, a un passo dagli altri è il nulla. Un’essenza ai confini del buio, un’ essenza senza più corpo, senza corpo né anima.

Quando sei gli altri non sei più nulla ti annienti.

Ombra che vaga vuota in equilibrio su un fiato sospeso, zoppicando in un'esistenza senza senso(o forse no).

Non sei gli altri.
Non hai speranze e aspetti che arrivi sera.

La vera amicizia non è schiava del tempo e dello spazio, la
distanza materiale non può separarci davvero dagli amici!

Non odio,ma mi vendico


Non so odiare, ma non so dimenticare e questo forse è peggio.
Nella mia vita ci sono stati episodi e persone che mi hanno fatto molto male. E purtroppo credo di non averli superati nonostante tutto l'impegno, l'aiuto di psicoterapia, l'aiuto del tempo e della mia volontà.
Ma ho spesso flash e buchi emozionali che evidenziano questo mio sentimento di contrasto verso atteggiamenti e persone.
Ci sono persone con cui non so convivere neppure per buona creanza, neppure per l'apparenza. E per questo ho pagato moltissimo in termini sociali, perchè la gente dimentica e spesso da vittima si può diventare aguzzino. Là dove io avrei dovuto essere considerato la persona "migliore" in termini umani, la mia chiusura ha ottenuto l'effetto contrario.

Non essere la persona che porge l'altra guancia o che fa finta che ciò non sia accaduto, ha fatto di me un'intransigente (quale sono, ovviamente, anche se non con la piena volontà) poco gradito.Ma chi dice che non mi vendichero' mai dei soprusi?L'altra sera a parole "cantai la messa" li dissi gli errori che aveva commesso e che poteva usare me come jolly.Mi fa rabbia che mi si parli dietro alle spalle,dimmi le cose in faccia se sei un uomo.........ci possono essere persone molto pericolose se vogliono.Ma il cadavere del mio nemico non e' ancora passato dal fiume e devo dire che io spesso sono sullo scoglio che lo attendo.E quando lo vedo fugge.Ma anche io ho cambiato pelle e non per opportunismo come si dice ti "innamori" di qualcuno e inizi ad analizzare le sue idee e vedi che possono essere anche le tue.Poi l'umilta' fa il resto,ma non voglio scoprire le carte prima del dovuto.

Della serie mi spezzo ma non mi piego, ed è cosa poco gradita, in genere.Ma non in questo caso dove un po' mi sono piegato ma nel dna attendo il ritorno di qualcuno per stabilire le parita' nella vita.

Ma nonostante questo mio carattere poco flessibile, nonostante questo - appunto - non so odiare.

L'odio chiede un impegno, un viscerale sentimento che io non possiedo.
Mio padre  disse di me che sono una cinico.... quando ovviamente i miei sentimenti non erano captabili.  Sembro un indifferente....ma in realta' non e' cosi'.Parliamo,analiziamoci non mi giudicare con superficialita'.

Non odio nessuno tranne colui che mi ha tolto quello che doveva essere mio,chi lo ha agevolato, pensate che ignori come sono andate le cose?Sciocchi!Pensate che addossi la colpa a chi c'e' ora? Falso!Il troiaio lo hanno fatto i vecchi chi c'e' ora non ne ha colpe.

pragmatico e solitario


Da un pò di tempo non scrivo su questo blog. I motivi sono tanti uno soprattutto: pigrizia.
Sì sono una pigro sotto mentite spoglie. Dico così perchè apparentemente sono piuttosto produttivo, ma in realtà sono dispersivo e spesso mi infilo in corridoi mentali dai quali non mi piace distogliermi e così trascuro altre iniziative.
Continuamente discontinuo e discontinuamente continuo, la mia essenza è tutta qui. 
Però prima o poi ritorno a bomba. Non cambio gusti facilmente al massimo aumento gli interessi, ma difficilmente abbandono completamente un progetto. Un pò come un quadro ammezzato che per finirlo, a volte, ci metto 5 anni e soprattutto gli ultimi ritocchi sono quelli più lunghi.
Comunque per quanto riguarda le  mie emozioni o sentimenti o umori, la depressione per sfortuna non sembra debole.... anche se presente. Tutto passa dall'autostima che si abbassa sempre più anche per gli insuccessi meritati o no. Il lavoro che non c'è e che non so più come inventare. Le persone che non ci sono e che io non so neppure più cercare. E quando trovo persone nuove o conoscenze superficiali che da tempo hanno nella superficialità la loro ragione, non riesco a fare di più.

... non so di che cosa parlare con nessuno, ma non mi pongo il problema nel senso che non mi pesa non parlare, solo che non mi interessa partecipare a quei discorsi lì. Non me lo sto tirando, anzi! Solo mi viene da riflettere che non riesco a socializzare, che i sento un'alieno.
E' troppo tempo che sono out. Non si può essere "in" quando da sempre si è "out"!

Vorrei essere sempre alle "Parole d'oro" o in qualche altro posto isolato per riflettere,per cercare un dialogo con il mio IO ma spesso non e' facile anche se qualche volta cisi riesce.Il guaio delle parole d'oro e' che stanno diventando troppo frequentate e spesso e' difficile trovare un angolino dove riflettere.Se mi sento in forma prendo la stadina che sale in su a sinistra e vado alla cava li non c'e' mai nessuno e salendo si puo' sentire l'odore della borraccina quel manto erboso che spesso si usa per il presepe.E' un periodo no ma che ci posso fare?Questa volta voglio provare a viverlo per contrarieta',domani per esempio voglio andare nel pomeriggio a una festicciola dove mi hanno invitato.So' di farmi del male probabilmente ma ci voglio provare.L'isolamento poi puo' giungere anche nella seconda parte della giornata quando decido che li sto male e vado a trovare un angolino dove stare da solo.
Attendo diverse telefonate ma il telefono non squilla mai........

Monday, October 02, 2017

Garibaldi per me

Ho terminato da poco di degustare un'ottimo mezzo Toscano Garibaldi assieme a una

tazzina di caffe' e dei cioccolatini.Sigaro Garibaldi affinato per un paio di mesetti in

humidor, un Sigaro straordinario ed anche abbastanza complesso nello sviluppo aromatico,

pur restando leggero, dolce e delicato.
La mia domanda, alla luce di questa mia ennesima degustazione è: chi dice che il

Garibaldi è un Sigaro per neofiti visto che non ha un cattivo gusto.
Io l'ho letto praticamente dappertutto e sinceramente non riesco a trovare alcun

parallelo tra quello che ho letto e quello che ho fumato...trovo che tra i pezzetti di

battuto beneventano, si celi qualcosa di più di una semplice definizione "consigliato ai

neofiti", un bagaglio aromatico di tutto rispetto, con aromi sottili ma che a tratti

possono diventare anche intensi, come il sapore vegetale che nasconde qualche nota di

miele, caffè crudo e cioccolato, il problema è saperlo degustare, perchè proprio nella

sua leggerezza c'è "l'inganno"...spesso peccando di superficialità lo si fuma

prestandogli poca attenzione, non "ascoltandolo" come dovremmo ed è per questo che non

gli si dà il giusto peso, liquidandolo come "Sigaro per i neofiti".
Per quanto concerne l'attenzione che purtroppo i tabaccai gli dedicano, o meglio, in

questo caso, non gli dedicano, a mio parere credo che il problema sia esclusivamente

dato dal fatto che il Garibaldi, è considerato un sigaro di poco valore rispetto ai suoi

fratelli "Superiori", infatti, a ben guardare è il più economico della gamma, anche se

credo che sia lo Stortignaccolo per eccellenza, in quanto, molto poco curato ed immesso

sul mercato in spartane scatole di cartone senza manco essere cellophanati singolarmente

e senza una seppur misera, fascetta.
Ricordo per i non Toscanisti che la nascita del Dio Storto, come narra una leggenda , ha

origine nel lontano 1815, quando, per un puro caso, una partita di Kentucky bagnata da

un improvviso acquazzone estivo, nel cortile della Manifattura Tabacchi di Santa

Caterina delle Ruote a Firenze, fu messo ad asciugare, nel tentativo di "salvarlo", esso

cominciò a fermentare, e per non essere gettato in Arno, visto che ormai come tabacco da

mastico o da fiuto (i principali indirizzi del Kentucky), era inutilizzabile, venne

lavorata al fine di ricavarne dei Sigari economici destinati al popolino...
Gli stessi che io oggi rivedo nel Garibaldi, Sigaro spartano e proletario, certo il

Kentucky è solo beneventano...ma secondo me, la storia ci sta tutta...