Monday, October 30, 2017

pianto dal cuore


E' tanto che non piove!Anche il tempo ci lascia piangere da soli.Ma non durera' molto torneranno le stagioni delle piogge.E piovera' proprio parecchio! E da tanto che non pioveva più. Certo, io amo particolarmente la pioggia ma, quando piove e io ho la possibilità di fermarmi un attimo, di rallentare i ritmi frenetici e di guardare fuori dalla finestra, devo dire che la pioggia stimola moltissimo il mio pensiero. Guardo la pioggia e penso alla tristezza a quella che ho interiormente. Penso alle numerose volte che mi sono incantato guardando la pioggia fuori dal finestrino di un autobus, tornando da scuola da adolescente, e a quanto riuscivo ad abbandonarmi alla tristezza. Una tristezza catartica, misteriosa, nostalgica, introspettiva. Quella tristezza era malinconica, accompagnata da qualche musica lenta e dalle parole sconosciute che le facevano da colonna sonora. Ricordo quei momenti come profondamente meditativi.Spesso mi ritrovo all'aria aperta quando piove:alle parole d'oro,in montagna,in montagna capita anche spesso che ci sono i temporali con un mio carissimo amico mi faccio portare in qualche cimiterucolo abbandonato riparato sotto il tetto delle colombaie e vedo il temporale che scende giu',tuoni,lampi,saette. Ricordo che penso a moltissime cose! Pensavo agli amici, pensavo alla mia vita, ai miei piccoli grandi problemi quotidiani. Pensavo all’amore. Pensavo al silenzio e alla solitudine. Ai miei sentimenti e a ciò che provavo. Pensavo a me! Qualche volta scendeva una lacrima e una sensazione cupa mi accompagnava per tutta la giornata. Ripensando a quei momenti sono sempre più convinto che siano stati ottimi compagni di crescita. Anche così sono potuto diventare quello che sono.Piu' attento piu' riflessivo ma con un cuore affranto da chisa' cosa. Due facce di una stessa medaglia. Gioia e Tristezza, come le protagoniste di Inside Out. E così sono anche oggi. Con sfumature diverse, profondità diverse, ma ancora così. Ho bisogno dei miei momenti bui per poter riemergere forte e determinato verso la luce. Ho bisogno di entrare in me stesso per scavare e ritrovarmi. Penso a questo mio modo di essere e alla profondità in cui riesco a ritrovarmi e poi mi guardo intorno e vedo quanta brama di felicità obbligatoria ci sia in moltissime persone. Quanta ricerca della felicità per sempre e a tutti costi. Quanto desiderio di mostrarsi giovani, sorridenti e perfetti ci sia,la massa alla quale non mi sento piu' di appartenere,si ci sono sottili velature nel mio viso di confondermi con loro ma quello vero il vero Daniele quello che si toglie la maschera e' quello cupo e solitario che ama riflettere e ricercare il proprio io in solitudine. Quanta paura dell'imperfezione,della faccia triste, del capello fuori posto. Quanta preoccupazione per quel che che gli altri credono che io sia se mi vedono triste oggi. Poi penso a quanta ansia genitoriale c'è di fronte alla lacrima di tristezza o di frustrazione di un bambino. Quanta paura ci sia nell’affrontare la malinconia dei propri figli adolescenti o non piu' adolescenti che si trascinano problematiche introverse come le mie anche in eta' adulta. Quanta difficoltà ad accoglierli come persone a tutto tondo, ricchi di altalene emotive e paure e tristezze così come di gioie ed euforie.
Perché abbiamo così paura dei grigi emotivi? Fanno parte di noi. Fanno parte della nostra costruzione personale. Vivere la tristezza con le sue mille sfaccettature, ascoltarla, affrontarla, capirla, riconoscerla, mostrarla, ci rende vivi. Quando siamo tristi gli altri possono aiutarci e sostenerci.Oggi da una persona a cui tengo molto ho ricevuto un abbraccio stavo per piangere mi sono trattenuto,ma la tentazione era forte. Quando un bambino piange la sua mamma lo coccola, lo consola, gli mostra che dopo la tristezza si può tornare a sorridere. Possiamo insegnare ai nostri figli a non avere paura della tristezza, ad accoglierla e ad accogliere l’aiuto. Possiamo dire loro che si può piangere e essere tristi, che non è sbagliato, che poi si può ritornare a ridere. Magari proprio di ciò che ci ha fatto sentire tristi. A nostra figlio,anche se non e' proprio il nostro figlio ma un paziente del nostro enturage, possiamo offrire una grande coppa di gelato da condividere chiacchierando si sente che la vita l'ha  deluso. Possiamo abbracciarlo e consolarlo come hai fatto oggi sei una persona speciale e ti ringrazio come ho fatto molte altre volte di esistere di stare al mio fianco. Al nostro bambino possiamo raccontare una storia della felicità dopo che avremo asciugato e accolto le sue lacrime per il litigio con la vita.
Io temo molto chi non piange mai, chi non mostra mai un dubbio, chi non vacilla, chi non si ferma e non dice mai “oggi mi sento giù”. Esprimere i propri sentimenti di malinconia non significa essere pessimisti ma accettare le emozioni per quelle che sono. Si può essere ottimisti pur accettando la malinconia. Si può dire “oggi mi sento giù, domani sarà un altro giorno” avendo la precisa consapevolezza che passerà. Rifuggire la malinconia, cercare a tutti i costi di nasconderla, ricacciarla in un angolo remoto e chiedere ai nostri figli di farlo è estremamente pericoloso perché un giorno tutta quella emozione potrebbe risalire con estrema violenza e travolgerci con un onda emotiva che non saremo in grado di affrontare. Potrebbe mutare forma e divenire rabbia, odio, fobia. Potrebbe inquinare la nostra vita di nascosto trasformandosi in depressione. Ma se la accogliamo così com’è, così come viene, libera di esprimersi in un emozione che diventa lacrima, in una giornata passata a guardare la pioggia persi nei propri pensieri, allora così come è arrivata se ne andrà. Se ci lasciamo consolare dagli affetti, accettiamo una spalla su cui piangere, guardiamo fuori dal finestrino del nostro autobus, allora torneremo presto a sorridere perché sappiamo che, come nella battuta di un celebre film: “non può piovere per sempre”.

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