Saturday, August 13, 2016

Amicizia e amore


AMICIZIA
È un tacito contratto fra due persone sensibili e virtuose. Dico «sensibili», perché un monaco, un solitario,
possono non essere affatto insensibili, e tuttavia vivere senza conoscere l'amicizia. Dico «virtuose», perché i malvagi non possono avere che dei complici; i dissoluti, dei compagni di bagordi; le persone interessate, dei soci; i politici si circondano di partigiani faziosi; la massa degli sfaccendati ha delle conoscenze; i principi hanno attorno a loro dei cortigiani: solo gli uomini virtuosi hanno amici. Cetego era il complice di Catilina; e Mecenate, il cortigiano di Ottaviano; ma Cicerone era amico di Attico.
Cosa comporta questo contratto fra due anime sensibili e virtuose? Gli obblighi sono più o meno forti o deboli,a seconda del grado di sensibilità dei contraenti e il numero dei servizi resi ecc.
La passione dell'amicizia è stata più forte presso i greci e gli arabi che non da noi. I racconti che questi popoli
hanno immaginato sull'amicizia sono ammirevoli; noi non ne abbiamo di simili, noi siamo un po' aridi in tutto.
L'amicizia, presso i greci, era oggetto di religione e di legislazione. I tebani avevano la legione degli amanti:
magnifica legione! Certuni l'hanno scambiata per una legione di sodomiti; s'ingannano: hanno scambiato l'accidente per la sostanza. L'amicizia, presso i greci, era prescritta dalla legge e dalla religione; la pederastia era purtroppo tollerata dal costume; ma non dobbiamo imputare alla legge abusi vergognosi.
AMORE
Amor omnibus idem. Qui bisogna ricorrere a ciò che è fisico; è la stoffa della natura, su cui l'immaginazione ha ricamato. Vuoi avere un'idea dell'amore? guarda i passeri del tuo giardino, osserva i colombi; contempla il toro che viene portato alla tua giovenca; guarda quel fiero cavallo che due stallieri conducono alla cavalla che lo attende placida, e solleva la coda per riceverlo; guarda come i suoi occhi scintillano; ascolta i suoi nitriti, osserva quei salti, quegli 5 scambietti, quelle orecchie drizzate, quella bocca che s'apre con piccoli tremiti, quelle froge che si gonfiano, quel soffio ardente che ne esce, la criniera che si drizza e si agita, quel movimento imperioso con cui si lancia sull'oggetto che la natura gli ha destinato. Ma non esserne geloso e pensa ai vantaggi della specie umana; essi compensano, in amore, tutto quel che la natura ha largito agli animali: forza, bellezza, leggerezza, rapidità.Ci sono anche animali che non conoscono il piacere. I pesci a scaglie son privati di questa dolcezza: la femmina depone sul fondo milioni di uova, e il maschio che le trova passa su di loro e le feconda col proprio seme,senza preoccuparsi di sapere a quale femmina appartengono.
La maggior parte degli animali che si accoppiano gustano il piacere con un solo senso; e appena quest'appetito è soddisfatto, tutto finisce. Nessun animale, all'infuori dell'uomo, conosce gli amplessi; tutto il tuo corpo è sensibile;soprattutto le tue labbra godono con una voluttà che niente stanca, e questo piacere appartiene solo alla nostra specie;infine tu puoi abbandonarti in qualsiasi momento all'amore, mentre gli animali hanno un tempo determinato.Se rifletti su questi privilegi, ti verrà da dire col conte di Rochester: «L'amore in un paese di atei farebbe adorare la Divinità.»Poiché gli uomini han ricevuto il dono di perfezionare tutto quel che la natura concede loro, hanno perfezionato anche l'amore. La pulizia, la cura di sé, rendendo più delicata la pelle, aumenta il piacere del tatto, mentre la cura della propria salute rende gli organi della voluttà più sensibili.Tutti gli altri sentimenti entrano in quello dell'amore, come i metalli che si amalgamano con l'oro: l'amicizia, la stima, vengono in suo aiuto: le doti del corpo e della mente sono nuove catene.Nam facit ipsa suis interdum foemina factis,Morigerisque modis, et mundo corpore cultu,Ut facile insuescat secum vir degere vitam.(Lucrezio, De rerum natura, libro IV)
L'amor proprio, soprattutto, rafforza questi legami. Ci si congratula della propria scelta e mille illusioni
adornano quest'opera, di cui la natura ha posto le fondamenta.
Ecco ciò che ti distingue dagli animali; ma se tu godi tanti piaceri che essi ignorano, quanti dolori, anche, di cui le bestie non hanno la minima idea! Quel che v'è d'orribile, per te, è che la natura, nei tre quarti della terra, ha avvelenato i piaceri dell'amore e le fonti della vita con una malattia spaventevole, alla quale soltanto l'uomo è soggetto, e che solo in lui infetta gli organi della generazione. E non è che tale peste, come altre malattie, sia la conseguenza dei nostri eccessi. Non fu la dissolutezza a introdurla nel mondo. Le Frini, le Laidi, le Flore, le Messaline non ne furono affatto colpite; essa è nata nelle isole ove gli uomini vivevano nell'innocenza, e di là si è diffusa nel vecchio mondo.Se mai si è potuta accusare la natura di disprezzare la sua opera, di contraddire i suoi disegni, di agire contro i suoi fini, è in tale occasione. È proprio questo il migliore dei mondi possibili? Ma come! se Cesare, Antonio, Ottaviano non furono colpiti da questa malattia, non era possibile che essa non facesse morire Francesco I? «No,» ci dicono, «le cose erano così preordinate per il meglio.» Voglio crederlo, ma è ben duro.
AMORE COSIDDETTO SOCRATICO
Com'è possibile che un vizio, distruttore del genere umano se fosse praticato da tutti, che un attentato, infame
contro la natura, sia tuttavia così naturale? Sembra l'estremo grado della corruzione cosciente, eppure è condizione comune di quanti non hanno ancora il tempo d'essere corrotti. È penetrato in cuori inesperti che non hanno conosciuto ancora né l'ambizione, né la frode, né la sete di ricchezza; è la cieca gioventù che, per un istinto ancora confuso, precipita in questo disordine all'uscir dall'infanzia.L'inclinazione dei due sessi l'uno per l'altro si manifesta molto presto; ma checché si sia detto delle donne africane o dell'Asia meridionale, tale inclinazione è generalmente più forte nell'uomo che nella donna; è una legge che la natura ha stabilito per tutti gli animali. È sempre il maschio che assale la femmina. I giovani maschi della nostra specie, allevati insieme, sentendo quest'impulso che la natura comincia a manifestare in loro e non trovando l'oggetto naturale di tale istinto, ripiegano su quello che più gli somiglia. Spesso un giovinetto, per la freschezza della carnagione, lo splendore del colorito, la dolcezza degli occhi, somiglia per due o tre anni a una bella ragazza; se lo si ama, è perché la natura s'inganna; si rende omaggio al bel sesso, affezionandosi a chi ne ha le bellezze; e, quando l'età ha fatto svanire tale somiglianza, l'equivoco cessa.Citraque juventam Aetatis breve ver et primos carpere fiores.(Ovidio, Metamorfosi, X, 84-85)
È abbastanza noto che questo equivoco della natura è molto più comune nei climi dolci che fra i ghiacci del
settentrione, perché il sangue vi è più acceso e l'occasione più frequente: così quel che nel giovane Alcibiade sembra una pura debolezza, in un marinaio olandese o in un vivandiere moscovita è una disgustosa depravazione.6 Non posso sopportare che si pretenda che i greci abbiano autorizzato questa licenza. Si cita il legislatore Solone, perché disse in due brutti versi:Amerai un bel ragazzo finché non gli cresca la barba.
Ma, in buonafede, Solone era legislatore quando scrisse questi due ridicoli versi? A quel tempo era giovane, e quando il dissoluto diventò saggio, non mise certo una simile infamia tra le leggi della sua repubblica; è come se accusassimo Teodoro di Beza di aver predicato la pederastia nella sua chiesa perché, nella sua giovinezza, scrisse versi per il giovane Candido, e disse:Amplector hunc et illam.Si travisano le parole di Plutarco, che nelle sue chiacchiere, nel Dialogo sull'amore, fa dire a un interlocutore che le donne non sono degne del vero amore; mentre un altro interlocutore sostiene la parte delle donne, come è giusto.
È certo, per quanto può esserlo la nostra conoscenza dell'antichità, che l'amore socratico non era affatto un
amore infame: a trarre in inganno è stata la parola «amore»: i cosiddetti «amanti di un giovinetto» erano precisamente quello che sono fra noi i paggi dei nostri principi, quello che erano i damigelli d'onore: giovani addetti all'educazione di un giovinetto di nobile famiglia, compagni dei suoi studi e dei suoi esercizi militari: istituzione guerriera e sacra di cui si abusò, come accadde delle feste notturne e delle orge.La legione degli amanti, istituita da Laio, era una legione invincibile di giovani guerrieri impegnati da un giuramento a dare la vita gli uni per gli altri: la disciplina antica non ebbe mai nulla di più bello.Sesto Empirico e altri hanno un bel dire che la pederastia era raccomandata dalle leggi della Persia. Citino il testo della legge; mostrino il codice dei persiani; e anche se lo mostrassero, non lo crederei lo stesso: direi che non è vero, perché non è possibile. No, non è nella natura umana fare una legge che contraddice e oltraggia la natura, una
legge che annienterebbe il genere umano, se fosse osservata alla lettera. Quanti hanno scambiato certe usanze vergognose e tollerate in un paese per le leggi di quel paese! Sesto Empirico, il quale dubitava di ogni cosa, avrebbe dovuto dubitare di tale giurisprudenza. Se vivesse ai tempi nostri e vedesse due o tre giovani gesuiti abusare di qualche loro allievo, avrebbe il diritto di dire che questo è permesso dalle Costituzioni di Ignazio di Loyola?A Roma l'amore dei giovinetti era così comune, che nessuno pensava a punire una stupidaggine a cui tutti si lasciavano andare. Ottaviano Augusto, quell'assassino depravato e vile, che osò esiliare Ovidio, trovò bellissimo che Virgilio cantasse Alessi e che Orazio scrivesse piccole odi per Ligurino; ma l'antica legge Scantinia, che proibiva la pederastia, era sempre in vigore: l'imperatore Filippo la ripristinò e cacciò i ragazzi che facevano il mestiere. Insomma,non credo che ci sia stata nessuna nazione bene ordinata che abbia fatto leggi contro il buon costume.
AMOR PROPRIO
Uno straccione dei dintorni di Madrid chiedeva con gran dignità l'elemosina; un passante lo apostrofò: «Non vi vergognate di fare questo mestiere ignobile, mentre potreste lavorare?» «Signore,» rispose il mendicante, «io vi ho chiesto del denaro, non dei consigli»; poi gli voltò le spalle conservando tutta la sua dignità castigliana. Era uno straccione orgoglioso, questo signore, e la sua vanità veniva ferita per un nonnulla. Chiedeva l'elemosina per amor di se stesso e, sempre per amor di se stesso, non tollerava rimproveri.
Un missionario, viaggiando in India, incontrò un fachiro carico di catene, nudo come una scimmia, sdraiato
bocconi, che si faceva frustare per i peccati dei suoi compatrioti, i quali gli gettavano qualche soldo. «Che rinuncia a se stesso!» diceva uno degli spettatori. «Rinuncia a me stesso?» ribatté il fachiro. «Sappi che io mi faccio frustare il deretano in questo mondo solo per fare altrettanto con voi nell'altro, quando voi sarete cavalli e io cavaliere.»Quanti hanno detto che l'amore di sé è la base di tutti i nostri sentimenti e di tutte le nostre azioni hanno dunque avuto pienamente ragione, in India, in Spagna, e in tutta la terra abitabile: e come nessuno scrive per dimostrare agli uomini che hanno una faccia, non c'è bisogno di provar loro che hanno dell'amor proprio. Questo amor proprio è lo strumento della nostra conversazione.assomiglia allo strumento che ci serve a perpetuare la specie: ci è necessario, ci è caro, ci procura piacere, ma bisogna tenerlo nascosto.

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