Saturday, December 10, 2016

Pensierino prenatalizio sull'IO

Freud e Nietzsche vengono solitamente accostati perchè entrambe, seppur in modi diversi, sul finire dell'Ottocento scardinano alcune certezze fondamentali della civiltà occidentale: se Nietzsche aveva "trasvalutato" tutti i valori fondamentali dell'Occidente, ora Freud distrugge la certezza dell'Io, sulla quale si è costruita la nostra civiltà e che, a seconda delle epoche storiche, è stata definita "Io", "Spirito", "Anima", ecc. E non a caso l'intera filosofia moderna, dal Medioevo fino all'Ottocento aveva fatto perno sulla nozione di Io, dal cogito cartesiano all' Io penso kantiano allo spirito hegeliano, e tale nozione era stata scoperta, molti secoli prima, da Socrate, dato che, prima di lui, l'anima restava un qualcosa di sfumato che non si identificava con la persona, tant'è che per gli Orfici essa era la parte divina presente in noi. Ed è proprio con Socrate che l'Io viene ad identificarsi con la coscienza, a tal punto che "Io" arriva a significare "ciò di cui ho coscienza" (pensiamo alla res cogitans di Cartesio) mentre, sempre gli Orfici, in direzione opposta a Socrate, avevano prospettato l'idea che quello che loro definivano "demone" si manifestasse nei momenti di minor coscienza (il sonno, lo svenimento, ecc). L'idea dell'identificazione Io/coscienza, affiorata con Socrate, è diventata uno dei pilastri della civiltà occidentale e solo in pochi hanno avuto l'ardire di metterla in discussione: tra questi, merita di essere ricordato Plotino, il quale aveva colto, per così dire, diversi livelli della coscienza, cosicchè, oltre al livello ordinario, vi era anche quello sovrarazionale, in grado di attingere l'Uno neoplatonico; dalla prospettiva plotiniana emerge, seppur timidamente, l'idea che la mente non si identifichi con l'Io e quest'idea è stata ripresa e perfezionata, nel Seicento, da Leibniz, il quale parlava espressamente di "piccole percezioni" e di "innatismo virtuale", convinto che nella testa dell'uomo esistessero nozioni di cui non si ha coscienza, quasi come se la nostra mente contenesse qualcosa che va al di là della coscienza. Anche Hume, nell'età dell'illuminismo, smontando il concetto di sostanza, aveva finito per distruggere insieme ad esso anche quella particolarissima sostanza che siamo noi: in altri termini, il pensatore scozzese si era chiesto se, svuotata la mente dai contenuti della coscienza, sarebbe potuto rimanere qualcosa ed aveva argutamente risposto che l'Io, in fin dei conti, altro non era se non un fascio di percezioni ed era così giunto alla conclusione che non siamo altro all'infuori della somma delle nostre percezioni. Schopenhauer stesso leggeva l'Io come manifestazione particolarissima e superficiale di quella realtà unitaria e profonda che lui definiva "volontà"; tutti questi pensatori controcorrente, però, non sono bastati per impedire che si affermasse sempre più l'idea di un Io unitario, cosciente e razionale e che le passioni venissero considerate come elementi quasi estranei alla nostra vera personalità. Se Schopenhauer si era acutamente accorto che la vera natura dell'uomo, in realtà, non è la ragione, ma la sfera passionale (tant'è che la ragione, secondo Schopenhauer, è una specie di organo che la passione si conferisce per potersi realizzare), con Nietzsche ci troviamo di fronte ad una vera e propria ripresa dell'idea humeana. Anche se dal concetto di "volontà di potenza" sembra trasparire l'assoluta centralità dell'individuo, Nietzsche smonta radicalmente la nozione di sostanza ( " l'essere manca " afferma Zarathustra) e dal suo venir meno si sgretola pure quella particolarissima manifestazione di essa che siamo noi (l'Io) e Nietzsche avanza (in Umano, troppo umano ) l'inquietante quesito se sia vero che siamo noi a pensare le idee o, piuttosto, sono le idee che si pensano, che vanno e vengono, attratte da processi quasi chimici, senza che vi sia un Io. Il grande merito di Freud risiede nell'aver ricucito tutti questi duri colpi assestati alla nozione di Io e nell'aver dato la formulazione migliore di questo pensiero "controcorrente". L'Io, nota Freud, non è che non ci sia, ma, semplicemente, è una realtà infinitamente più marginale di quel che si è creduto da Socrate in poi . E' come se fossimo tutti, coscientemente o meno, cartesiani, poichè se vi sono cose di cui non abbiam coscienza è come se per noi non ci fossero; ma non è vero che la mente si identifica in tutto e per tutto con la coscienza; viceversa, la coscienza è una piccola porzione della mente , una porzione traballante per molti versi, e l'Io stesso è un punto di contatto tra cose ben più importanti. Ben emerge, da queste considerazioni, come per Freud la mente sia altra cosa rispetto all'Io o alla coscienza. La psiche è, invece, la mente nel suo complesso e in essa trova spazio l'Io (che Freud chiama anche "Ego"), il quale si configura come parte cosciente della psiche. Ed è molto curioso come Freud non sia, propriamente, un filosofo a pieno titolo, ma un medico che si interessa di psichiatria nel tentativo di curare alcune patologie precise ed è altrettanto curioso come, da buon medico di fine Ottocento, fosse convinto dei postulati del Positivismo materialista e ritenesse che per spiegare fatti psichici si dovesse ricorrere ad eventi materiali, come se ogni attività della mente fosse legata ad una parte del cervello. Man mano che Freud matura il suo pensiero, però, prende sempre più le distanze da queste idee, a tal punto che riterrà che un giorno, quando vi saranno gli strumenti adatti per farlo, sarà necessario individuare le cause materiali della patologia psichica, ma, poichè al momento non vi è disponibilità di tali strumenti, bisogna proiettare la propria indagine (ed è ciò che egli fa) su ciò che è indagabile, ovvero sui rapporti tra fatti psichici, trascurando quelli materiali. E' come se Freud, da sempre considerato un anti-positivista, fosse in realtà un "positivista mancato": ed egli comincia a praticare in una prima fase della sua attività, insieme ad altri medici, la tecnica dell'ipnosi per curare certe patologie, nella convinzione che tramite essa si possa regredire ad eventi del passato rimossi e, facendoli riemergere, si può capire l'origine di determinate "nevrosi" derivanti da conflitti interiori; si deve, cioè, far emergere ciò che è stato rimosso per poterlo così curare. E qualcosa di questa teoria originaria resterà sempre presente nel suo pensiero: in particolare, Freud sarà sempre convinto che le patologie psichiche abbiano origine in traumi e conflitti psichici irrisolti e tali conflitti vengono spesso rimossi , ossia tolti dallo stato di coscienza e riposti altrove: la diagnosi/terapia consiste nel farli riemergere e la diagnosi, pertanto, è anche la cura della malattia. Ma Freud, nel corso della sua maturazione, tende sempre più a concepire quelli che in origine chiamava "traumi reali" come "traumi virtuali", cioè non effettivi: solo in rarissimi casi il trauma è legato ad un fatto della vita reale, mentre nella stragrande maggioranza dei casi avvengono all'interno della psiche umana e, in questa nuova prospettiva, Freud tende a respingere ora l'ipnosi, poichè ha la funzione di far crollare le barriere. Dato che con la rimozione certi eventi vengon fatti passare dalla coscienza alla non-coscienza, è evidente che non possano emergere attraverso una prassi razionale (visto che si trovano nascosti alla ragione) e l'ipnosi allora non serve più ad abbattere gli ostacoli aggirandoli (perchè è troppo "artificiale"), bensì si punterà sulla distruzione dei processi di rimozione, visto che essi hanno delle falle, ad esempio i sogni e i lapsus, quando cioè si dice una parola per un'altra (e per Freud la parola "scappata" inavvertitamente è quella che per davvero si voleva dire). Si deve pertanto badare a ciò che le persone dicono o fanno al di là della coscienza e, proprio come nel caso dei lapsus si pronuncia una parola anzichè un'altra, così è anche per i comportamenti: ci sono cose che facciamo senza rendercene conto (ad esempio, i tic) e scavando in essi si coglie la verità della natura umana. Tuttavia, ciò non implica che non tutte le azioni che compiamo inconsciamente abbiano un significato: ad esempio, non tutto ciò che è presente nei sogni ha un significato inconscio. Accettata l'idea di non poter spiegare e curare i disagi psichici attraverso pratiche materiali, Freud si propone di lavorare su un piano psicologico e il concetto fondamentale che emerge da questo nuovo lavoro è quello dirimozione : esso implica che determinate situazioni conflittuali che, proprio perchè tali, sono pesanti per la coscienza, vengano "rimosse", senza però esser fatte sparire del tutto; vengono cioè nascoste e collocate in quel vastissimo serbatoio della psiche che freud chiama " l'inconscio ".

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