Saturday, July 19, 2008

Versiliana 2008

Mercoledì 16

Romano Battaglia

TRA LOGGE, SEGRETI E REALTà

Gustavo Raffi, Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia

Franco Cardini, storico e scrittore

Stefano Bisi, presidente del collegio circoscrizionale dei Maestri Venerabili della Toscana

Michele Ciliberto, professore ordinario di Storia della filosofia moderna e contemporanea presso la Scuola Normale Superiore di Pisa

Giovedì 17

Stella Popolare

Paolo Ruffini

PENE D'AMORE TRA MARKETTE E COMICITà

Sylvie Lubamba, showgirl

Niki Giustini, comico

Gianni Biondillo, scrittore

Venerdì 18

Romano Battaglia

ITALIA, CODICE ROSSO, TRA POLITICA E ANTIPOLITICA

Oliviero Beha, scrittore e autore del libro "Il Paziente Italiano"

Sabato 19

Romano Battaglia

IO, IN AUTOMOBILE VADO PIANO. DALLE AUTOMOBILI DEL BORZACCHINI AL PRONTO SOCCORSO DELLA VERSILIA

Giancarlo Sassoli, direttore generale Asl 12 Versilia

Sergio Milletti, direttore Medicina d'Urgenza e Pronto Soccorso Ospedale "Versilia"

Andrea Nicolini, direttore Centrale Operativa 118 Versilia Soccorso

Giorgio Marchetti alias Ettore Borzacchini, autore del libro "Le automobili del Borzacchini"

In collaborazione con l'ASL 12 Versilia

Domenica 20

Romano Battaglia

LA FORZA DELL'ITALIA CHE CAMBIA

Denis Verdini, coordinatore nazionale di Forza Italia

Paolo Ermini, direttore de "Il Corriere Fiorentino"

Lunedì 21

Civiltà della cucina

e del benessere

Fabrizio Diolaiuti

ESSERE ED APPARIRE

Margherita Enrico, giornalista e scrittrice

Pierluigi Rossi, professore di scienza dell'alimentazione dell'Università di Arezzo e consulente Rai Uno

Oliviero Toscani, fotografo

Buci Sopelsa, pittrice e scrittrice

Gianluca Pazzaglia, medico

Martedì 22

Romano Battaglia

GLI ORIZZONTI DELL'ANIMA, DELL'ARTE E DELLA POESIA

Alfredo Lucifero, scrittore

Willy Pasini, psichiatra e scrittore

Emanuele Emmanuele, presidente Fondazione Roma

Mercoledì 23

Romano Battaglia

DI SANA E ROBUSTA. COSTITUZIONE!

Giulio Bacosi, avvocato

Giovedì 24

E.state in politica!

Romano Battaglia

INCONTRO DA DEFINIRE

Venerdì 25

Romano Battaglia

L'UOMO DALLE MILLE VERITà

Emilio Fede, direttore del TG4

Sabato 26

Romano Battaglia

Emilio Fede

LA NUOVA PARTITA DEL CALCIO

Adriano Galliani, vice presidente vicario e amministratore delegato A.C. Milan

Demetrio Albertini, vice presidente Federazione Italiana Giuoco Calcio

Tiziano Crudeli, direttore di Italia 7 Gold - settore sportivo

Domenica 27

27° PREMIO CARDUCCI

Lunedì 28

Civiltà della cucina

e del benessere

Fabrizio Diolaiuti

MADE IN ITALY

Lamberto Sposini, giornalista

Mauro Rosati, segretario generale Fondazione Qualivita

Carlo Cambi, giornalista

Martedì 29

I percorsi del '900

Romano Battaglia

Enrico Nistri

CHI HA UCCISO GIULIO CESARE?

Luciano Garofano, comandante dei RIS di Parma e autore del libro "Delitti e misteri del passato"

Carlo Venturini, professore ordinario Discipline Romane - facoltà di Giurisprudenza - Università di Pisa

Mercoledì 30

E.state in politica!

Romano Battaglia

Giulio Andreotti

INCONTRO CON

Altero Matteoli, Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti

Antonio Lovascio, vicedirettore de "La Nazione"

Massimiliano Simoni, presidente Fondazione La Versiliana

Giovedì 31

Stella Popolare

Paolo Ruffini

W LE DONNE: POESIE, ILLUSIONI E ROMANTICISMO DELL'UNIVERSO FEMMINILE

Katia Beni, comica

Florence Flower, scrittrice

Claudia Rossi, ex modella e scrittrice

Mara Maionchi, produttrice discografica e membro della giuria di X Factor Rai Due

Sunday, July 13, 2008

Banda Magliana


ANTEFATTO
Fino ai primi anni Settanta la malavita romana era ancora strutturata in piccoli gruppi, ognuno padrone del proprio territorio. Vivevano di furti, gioco d’azzardo, sfruttamento della prostituzione e contrabbando di sigarette. Le grandi rapine avvenivano quasi esclusivamente nel Nord Italia, ad opera di bande preparate dal punto di vista militare. Nella Capitale durava ancora una sorta di “età dell’innocenza”. È la mala descritta in film come “I soliti ignoti”, o raccontata nei primi romanzi di Pasolini. Tutto cambia all’inizio degli anni Settanta. A Roma arriva l’eroina, fino ad allora diffusa soprattutto nel milanese. I piccoli boss romani fiutano l’affare.

BANDE
Non è esatto parlare di “Banda della Magliana”. In realtà, a Roma si tratta di un’alleanza tra bande (chiamate in gergo “paranze” o “batterie”) di vari quartieri: Trastevere, Testaccio, Ostiense e, appunto, Magliana. Fino ad allora i padroni del crimine erano stati i marsigliesi. Gli arresti dei boss Maffeo Bellicini, Albert Bergamelli e Jacques Berenguer creano un vuoto di potere inaspettato.
Il primo a intuire l’occasione è Franco Giuseppucci (detto il “negro”, Libanese, nel libro di De Cataldo e nel film di Placido), piccolo boss che si muove tra Testaccio e Trastevere. L’idea è semplice: dividere Roma in zone d’influenza, organizzare lo spaccio di eroina in modo “scientifico”, senza più sottostare a padroni, siano essi marsigliesi, napoletani o siciliani. Il progetto di Giuseppucci conquista altri capetti come Enrico De Pedis detto Renatino (Dandi), Raffaele Pernasetti, Ettore Maragnoli e Danilo Abbruciati. Poco dopo arrivano “quelli della Magliana”: Maurizio Abbatino (il Freddo), Marcello Colatigli ed Enrico Mastropietro. Per entrare nel mercato dell’eroina servono però parecchi soldi. Bisogna comprare una grossa partita da gestire in proprio. Come fare?

CADAVERI
Il 7 novembre 1977 il duca Massimiliano Grazioli Lante della Rovere viene sequestrato da un gruppo di uomini armati. È il primo atto della nuova banda. L’ostaggio viene ucciso dopo quattro mesi nonostante la famiglia abbia già pagato due miliardi e mezzo di lire. Seguono poi i sequestri del re del caffè Giovanni Palombini e dell'industriale del marmo Valerio Ciocchetti. Entrambi ammazzati senza pietà, malgrado i parenti avessero pagato il riscatto. Particolarmente crudele la storia di Palombini: i killer lo tengono in frigorifero per settimane per fotografarlo e convincere i familiari a proseguire la trattativa. Sono le prime vittime di una storia feroce.

DE PEDIS, ENRICO
Detto “Renatino”. Viene ucciso a colpi di revolver il 2 febbraio 1990, nei pressi di Campo de’ Fiori, in pieno centro storico. De Pedis è sepolto in una cripta della basilica di Sant'Apollinare, ufficialmente perché “benefattore”. In molti sospettano che dietro il trattamento di favore riservato al killer, ci siano gli strani legami intercorsi tra il Vaticano, il Banco Ambrosiano e la Banda della Magliana. Qualcuno sostiene inoltre che la strana sepoltura di De Pedis sia legata al mistero di Emanuela Orlandi, la cittadina vaticana quindicenne scomparsa nel 1983. La basilica in cui è sepolto il bandito fa parte dello stesso edificio in cui aveva sede la scuola di musica dove Emanuela viene vista per l'ultima volta.

EQUILIBRI
La Banda della Magliana ha legami con la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo. I testaccini sono invece in contatto con il boss mafioso Pippo Calò. Alla “confederazione del crimine”, si aggiunge il gruppo di Acilia-Ostia, capeggiato da Edoardo Toscano. Nicolino Selis, uomo di Cutolo, si trasferisce a Roma proprio in virtù dell’alleanza con i nuovi boss romani. I nuovi equilibri sono garantiti da una sorta di “divisione democratica” degli utili, in cui vengono coinvolti anche i boss in carcere. A loro è destinata una “stecca” (cioè una quota) speciale.

FASCISTI
Nei primi mesi del 1978 la Banda della Magliana stabilisce una sorta di joint venture con l’eversione politica, in particolare con i gruppi neofascisti della Capitale. A Roma sono attivi in quel periodo i Nar (Nuclei armati rivoluzionari) di Giusva Fioravanti, Alessandro Alibrandi e Massimo Carminati. Terroristi di destra partecipano a rapine e omicidi. In cambio la Banda fornisce armi e documenti falsi. Verrà scoperto un arsenale gestito da Nar e Banda della Magliana negli scantinati del Ministero della Sanità. Non è un’alleanza dettata da affinità ideologiche: ci saranno contatti anche con le Brigate Rosse. Forse non è un caso che il covo di via Montalcini, presunta prigione di Aldo Moro, sia proprio in zona Magliana.

HOLDING
Dall’eroina, la Banda della Magliana passa ad altri affari, divenendo una vera e propria holding del crimine. Grazie alla mediazione dello spregiudicato faccendiere Flavio Carboni, la banda entra nel mondo della speculazione edilizia. Attraverso una rete di società finanziarie fittizie (come la Sofint), vengono acquistati immobili sulla Costa Smeralda. È il modo migliore per riciclare denaro sporco. Non solo: i boss vengono contattati da elementi deviati dei servizi segreti. In cambio di copertura, alla banda vengono commissionati diversi lavori “sporchi”. (Vedi sotto, Toni Chicchiarelli). Secondo la Commissione stragi, negli anni Settanta la Banda della Magliana ha trasformato Roma in un ''crocevia eversivo, una zona grigia non ancora conoscibile nei dettagli e con indagini ancora in corso, come quella sull'omicidio di Roberto Calvi''.

IOR
Negli anni Settanta lo Ior, la banca del Vaticano, è guidata dall’ambiguo monsignor Marcinkus. Allo spaventoso crac dello Ior (1.300 miliardi di buco) è associata la misteriosa morte di Roberto Calvi, il presidente del Banco Ambrosiano trovato impiccato il 17 giugno del 1982 sotto il ponte dei Frati neri a Londra. Si sospetta che l’assassino di Calvi sia stato commissionato a elementi della Banda della Magliana. Uno dei tanti lavori in appalto.

LOGGIA P2
La loggia massonica segreta di Licio Gelli è il tramite della Banda per fare affari in Sudamerica e in Africa. Il venerabile ha infatti ottime entrature presso i regimi dittatoriali latinoamericani (Argentina, in particolare). La Banda investe soprattutto in opere edili.

MAGLIANA
Il quartiere della Magliana è situato nella periferia sud occidentale di Roma, a ridosso di un’ansa del Tevere. Proprio sulle rive del fiume sorge la chiesa di Santa Passera, costruita intorno al IX secolo sulla struttura di un antico tempio romano. Nella seconda metà degli anni Sessanta, la Magliana è teatro di una speculazione edilizia terribile. Vengono costruiti palazzoni a schiera in un’area situata sotto il livello del Tevere. Ne viene fuori un quartiere caotico, con pochissimo verde e a rischio inondazioni.

NICOLETTI, ENRICO
Uno dei personaggi meno noti e più inquietanti della saga della Banda della Magliana. Costruttore, amico di Giuseppe Ciarrapico e politicamente vicino a Giulio Andreotti, Nicoletti svolge un’intensa attività di prestiti e depositi che serve a riciclare denaro sporco. Nel mandato di cattura a suo carico, il giudice Lupacchini scrive: ''Nicoletti funziona come una banca, nel senso che svolge un’attività di depositi e prestiti e attraverso una serie di operazioni di oculato reinvestimento moltiplica i capitali investiti dell’organizzazione''. Con l’operazione “Colosseo” la polizia sequestra ai boss della Magliana ottanta miliardi di beni mobili e immobili.

OMICIDIO MORO
Un mistero tira l’altro. È ormai accertato che la Banda della Magliana abbia avuto un ruolo anche nel sequestro Moro. Facciamo un passo in avanti. Il 25 marzo 1984 alla Brink’s Securmark, un deposito che faceva capo a una catena bancaria di Michele Sindona, vengono rubati valori per 35 miliardi. Il colpo del secolo, dirà qualcuno. Cosa c’entra il caso Moro? Il fatto è che la rapina è molto strana. Sul pavimento della banca, i rapinatori lasciano una serie di oggetti-simbolo: una granata Energa, sette proiettili calibro 7,62, sette piccole catene e sette chiavi. La bomba Energa è dello stesso tipo usata durante l’agguato al colonnello Varisco. Le sette chiavi e le sette catene sono lette come un riferimento al falso comunicato n. 7 delle Br sul lago della Duchessa, mentre i sette proiettili calibro 7,62 riportano all’omicidio di Mino Pecorelli. (Leggi sotto Toni Chichiarelli).

JACKIE O'
Il locale più in della Roma bene di quegli anni è anche la centrale operativa della Banda della Magliana. Un luogo in cui boss brindano a champagne e programmano delitti di ogni tipo.

PECORELLI, MINO
Il direttore della rivista OP viene ucciso la sera del 20 marzo 1979. Sta per fare rivelazioni sul Caso Moro. Chiunque lo abbia ucciso (è l’ennesimo delitto senza colpevoli), ha avuto a che fare con la Banda della Magliana: i quattro colpi che lo feriscono a morte sono esplosi da una pistola proveniente dal deposito d'armi del Ministero della Sanità in via Liszt 34. La santabarbara della Banda.

ROSONE, ROBERTO
Il 27 aprile 1982 il vicepresidente del Banco Ambrosiano Roberto Rosone subisce un attentato a Milano. Un killer in moto si accosta e spara. Una guardia giurata risponde al fuoco e uccide l’attentatore. È Danilo Abbruciati, boss della Banda della Magliana. Il mancato omicidio di Rosone apre gli occhi a inquirenti e politici. Il fatto che Abbruciati sia andato in “trasferta” a uccidere Rosone, è la prova del salto di qualità della Banda della Magliana.

SOPRANNOMI
Tutti i boss avevano un soprannome: er Negro, er Zanzara, er Secco, er Rospo, er Banana. E’ l’unico aspetto ancora casareccio di una malavita che ha cambiato pelle.

TONI CHICCHIARELLI
Toni Chicchiarelli è il falsario della Banda della Magliana, specializzato nei falsi De Chirico. È lui a scrivere – durante il sequestro Moro – il falso comunicato n. 7, quello che il 18 aprile 1978 annuncia che il cadavere di Moro si trova nel Lago della Duchessa. Oggi è accertato che quel comunicato fu commissionato dai servizi segreti per smuovere le acque in una fase di stallo del sequestro. Chicchiarelli viene ucciso il 26 settembre 1984. Nel corso della perquisizione della sua abitazione, la polizia trova un filmato della rapina al deposito della Brink’s e altri materiali provenienti dalle Br. Si parla addirittura di due polaroid di Moro nella “prigione del popolo”. Il suo commercialista Osvaldo Lai sosterrà che la rapina alla Brink’s Securmark gli era stata commissionata da “un membro della P2 legato a Sindona''. L’avvocato Pino De Gori, legato all’uomo politico Dc Flaminio Piccoli dichiarerà: ''E’ stato il Mossad (il servizio segreto israeliano) ad autorizzare la rapina. Era una ricompensa per il comunicato falso del Lago della Duchessa, poi però l’hanno fatto fuori''. Ad oggi non si sa chi abbia ucciso Chicchiarelli.

ULTIMO ATTO
Quando finisce la Banda della Magliana? Il primo boss a cadere è Franco Giuseppucci, assassinato il 13 settembre 1980 in piazza San Cosimato, a Trastevere. L’omicidio viene subito attribuito al clan rivale dei Proietti, a sua volta decimato nei mesi successivi. Ma c’è chi sostiene che Giuseppucci sia stato ucciso perché aveva fatto da tramite tra Br e politici che volevano liberare Moro. Troppi segreti, troppo pesanti. Abbruciati muore nel 1982, De Pedis nel 1990. Nel 1984 il boss mafioso Tommaso Buscetta comincia a collaborare con Giovanni Falcone e anche i boss legati alla Banda della Magliana cominciano a tremare. Pippo Calò, per sfuggire all’arresto, prova a ricattare lo Stato, pretendendo la copertura avuta per anni. Il 23 dicembre 1984 una bomba esplode sul treno Napoli - Torino provocando quindici morti e ottanta feriti. Tre mesi dopo Calò viene arrestato. Senza il “cassiere della mafia”, la Banda della Magliana perde un punto di riferimento essenziale.

VITALONE, CLAUDIO
Nel processo Andreotti la pentita Fabiola Moretti, accusa l’ex senatore Dc Claudio Vitalone di aver commissionato a De Pedis l’omicidio Pecorelli. Un “favore ad Andreotti” per garantire il silenzio su aspetti compromettenti del Caso Moro. Per ricompensa, Vitalone avrebbe organizzato la fuga del boss Edoardo Toscano dall’aula Occorsio di piazzale Clodio durante un processo nel 1986. Ma a fuggire è Vittorio Cornovale, personaggio di secondo piano. Toscano esce di galera due anni dopo e viene subito ammazzato. Ad ogni modo, Vitalone è stato assolto perché l’accusa non è riuscita a dimostrare la sua colpevolezza.

ZITTI TUTTI
Oggi la storia della Banda della Magliana sembra chiusa per sempre. Nel rapporto che il sostituito procuratore Franco Ionta ha inviato alla Commissione Antimafia nel marzo 1990 si legge: “La malavita romana può definirsi mafia dei colletti bianchi per il suo ruolo di riciclaggio di ingenti somme di denaro in immobili, pellicce e gioiellerie, ristoranti e locali notturni gestiti attraverso un reticolo di società a responsabilità limitata. Da calcoli effettuati dagli inquirenti sembrerebbe che il giro di affari ammontasse ad oltre 600 miliardi”.

Saturday, July 12, 2008

birra in casa

L’hobby dell’homebrewing ossia del prodursi la birra in casa è sempre più diffuso in Italia. In queste pagine vi daremo alcune indicazioni sulle conoscenze e sugli strumenti necessari per iniziare a fare la birra in casa.

Ricordiamo al lettore, che le seguenti pagine sono dedicate esclusivamente ai birrai amatoriali e rimandiamo ad altre fonti chi volesse intraprendere la produzione artigianale della birra come professione.

Strumenti necessari:

N° 2 pentole da 30 litri circa(possibilmente in acciaio)
N° 1 mulino per macinare il malto(potete evitare la spesa chiedendo di spedirvi malti già macinati)
N° 1 serpentina in rame o acciaio(serve per raffreddare il mosto)
N° 1 Tino per filtraggio delle trebbie(si acquista ad un costo non elevato)
N° 1 Fermentatore in plastica da 28 litri (si acquista ad un costo non elevato)
N° 1 Termometro 0°C-100°C
N° 1 Densimetro per birra
N° 1 confezione sacchetti filtranti per luppolo(hop bags)
N° 1 boccetta tintura di iodio
2 metri di tubo di gomma alimentare resistente alle alte temperature con diametro adattabile al rubinetto del tino filtro e del fermentatore.

Potete usare anche pentole in alluminio ma il fondo non deve essere troppo sottile. La serpentina potete costruirla in casa usando un tubo di rame da ½ pollice a cui darete la forma di una spirale e che munirete di tubi in gomma e attacchi da adattare al rubinetto del vostro lavabo.



Procedimento



Cominciamo scegliendo il tipo di birra che vogliamo fare:
essendo alla prima esperienza vi consiglio di affidarvi ad un a ”ricetta” già compilata da qualcuno che abbia un po’ di esperienza. Supponiamo di voler fare una Weizen, la rinomata birra di frumento tedesca. Bisogna armarsi di carta e penna e fare una vera e propria lista della spesa, proprio come se ci stessimo accingendo a cucinare. Procedete appuntando tutte le materie prime di cui necessitate e le relative quantità.

Una volta acquistato ciò che ci serve potete iniziare la vostra “cotta”. Per comodità procediamo seguendo la ricetta sottostante.

Ricetta birra Weizen

INGREDIENTI PER 23 lt QUANTITA'
malto Pilsener 1 kg
malto Wheat 3,5 kg
malto Vienna 1 kg
malto Cara-Monaco 0,33 kg
luppolo Hall. Hersbrucker (3% a.a.) 28 g (90 min.)
luppolo Hall. Hersbrucker (3% a.a.) 14 g (15 min.)
lievito Weihenstephan Weizen n°3068 50 ml
zucchero (priming) 200 g


MASHING
Protein rest 50 °C - 20 min.
Saccarificazione 65 °C - 60 min
Bollitura (totale) 90 min.
Densità iniziale 1056
Densità finale 1014
Alcool 5.5 % vol.
Colore 15 EBC
Malto 12 IBU
CO2 3 vol.



Fase 1 - L’ammostamento

Mettete 20 litri d’acqua in una pentola e portatela a 45°C.
Aggiungete il malto macinato all’acqua poco alla volta (per evitare che si formino grumi) e mescolate con una cucchiaio di legno o una spatola.
Portate la vostra miscela a 50°C servendovi del termometro per verificare la temperatura.
Quando l’impasto ha raggiunto 50°C spegnete il fuoco e coprite la pentola con il coperchio.
La vostra miscela ha una buona inerzia termica (cioè tende a mantenere la temperatura raggiunta per diversi minuti).

Dopo circa 10 minuti mescolate bene e verificate la temperatura:se necessario accendete la fiamma e riportate a 50°C.
Terminato questo passaggio(20 minuti),scaldate (sempre mescolando) fino ad arrivare a 65°C.
Riempite l’altra pentola a vostra disposizione con 20 litri d’acqua e portate a 78°C.

Mantenete la temperatura della miscela acqua-malto per 60 minuti accendendo il fuoco di tanto in tanto per riportare a temperatura(65°C). L’ammostamento ha come scopo principale la conversione degli amidi in zuccheri.

Per verificare che la conversione sia totale,prelevate alcune gocce del mosto e miscelatele su un piattino con una goccia di tintura di iodio:
se il colore della miscela tende al marrone-rossiccio la conversione è completa, se il colore ottenuto è blu scuro-violaceo, dovete continuare l’ammostamento.

Ogni 10 minuti potete ripetere il test fino a raggiunta conversione.

Fase 2 - Lo sparging (lavaggio delle trebbie)

Versate delicatamente la miscela di acqua e malto nel tino di filtraggio e Lasciate riposare 10 minuti (da questo momento in poi non mescolate più ASSOLUTAMENTE).
Lavate la pentola che avete usato per il l’ammostamento.
Montate un pezzo di tubo in gomma al rubinetto del tino di filtraggio in modo da ridurre la distanza dalla pentola in cui raccogliete il mosto.
Aprite il rubinetto alla base del tino di filtraggio e raccogliete i primi litri di mosto.
Noterete che sarà torbido e conterrà pezzetti di malto.

Rimettete il mosto raccolto nel tino di filtraggio, versandolo con molta delicatezza per non creare buchi nel letto filtrante formato dalle trebbie. Continuare come nel punto precedente fino a raccogliere un mosto limpido e a questo punto cominciate a “lavare le trebbie” usando l’acqua precedentemente riscaldata a 78°C.

Abbiate cura di eseguire il lavaggio molto lentamente e mantenendo le trebbie sempre coperte da 3-4 cm di acqua(serve ad evitare l’ossidazione).
Regolate la velocità del filtraggio tramite il rubinetto del tino filtro. Raccogliete il mosto nella pentola per la bollitura e continuate a lavare le trebbie fino a ottenere 28-30 litri di mosto(userete quasi tutta l’acqua calda che avete preparato).

Fase 3 - La bollitura e la luppolatura

Raggiunta l’ebollizione attendete 5 minuti e aggiungete il luppolo.
La schiuma bianca che si forma sulla superficie del mosto è dovuta alle proteine ed è del tutto normale.
Il luppolo oltre a conferire amaro ed aroma, chiarifica il mosto e coagula le proteine (saranno presenti dei coaguli che si formeranno durante l’ebollizione).

Il luppolo, a seconda della birra che state preparando, verrà aggiunto una o più volte nel corso della bollitura del mosto.
Nella ricetta della Weizen avete una luppolatura in 2 fasi:
la prima conferisce l’amaro (90 minuti di bollitura), la seconda l’aroma (si aggiunge negli ultimi 15 minuti di bollitura).

Fase 4 - Il raffreddamento del mosto e l’inoculo del lievito

Importantissimo: ricordare che tutto ciò che entra in contatto con il mosto raffreddato deve essere accuratamente sterilizzato per evitare contaminazioni che vanificherebbero tutto il vostro lavoro.

Finita l’ebollizione inserite la vostra serpentina nella pentola e portate di 20-24°C.
Reidratare il lievito in un bicchiere (accuratamente sterilizzato e risciacquato) agiungendo circa 100ml d’acqua a 25°C (vi consiglio acqua minerale perché sterile) e miscelando con un cucchiaino.
Dopo 15-20 minuti noterete la formazione di schiuma in superficie ad indicarvi che il lievito è attivo ed è pronto per essere aggiunto al mosto.

Se usate lieviti liquidi li attiverete 24 ore prima della cotta seguendo le istruzioni che troverete sulla confezione.

Travasate il mosto nel fermentatore, accuratamente sterilizzato, filtrando attraverso una hop bag che tratterrà il luppolo.
Dovreste ottenere circa 23 litri di mosto.
Verificate, servendovi del densimetro, la densità iniziale che dovrebbe essere di 1056 (prelevate un campione di birra dal fermentatore e mettetelo nel cilindretto del densimetro).*
Se il volume è inferiore potete portare a 23 litri utilizzando acqua minerale.

Aggiungete i lieviti e dopo avere richiuso il coperchio, completo di gorgogliatore, adagiate lo stesso sulle gambe ed agitate vigorosamente per circa 1 minuto.
Questa operazione discioglie nella birra l’ossigeno necessario ai lieviti per la fase aerobica della fermentazione.
Mettete una piccola quantità di soluzione sterile all’interno del gorgogliatore (potete usare acqua e metabisolfito).

Fase - 5 La fermentazione

State lavorando con lieviti ad alta fermentazione e l’ambiente in cui tenete la birra dovrà essere intorno ai 20-24°C (sotto i 18°C la fermentazione potrebbe non avere luogo!).
Noterete dopo 8-24 ore che la vostra birra inizia a fermentare perché vedrete delle bolle di anidride carbonica fuoriuscire dal vostro gorgogliatore.

La fermentazione sarà più vigorosa nei primi 2-3 giorni andando poi sempre più ad attenuarsi nei giorni successivi.
Dopo circa una settimana, la fermentazione dovrebbe essere terminata (non si nota alcuna formazione di anidride carbonica).
Per essere certi che sia il momento di imbottigliare si può usare un densimetro e verificare con la ricetta consultata per verificare la densità finale della birra.

Nella vostra weizen dovreste essere intorno a 1014.
Sul fondo del vostro fermentatore si sono depositati coaguli di proteine, lieviti inattivi e resine del luppolo che non vogliamo trasferire in bottiglia. Vi sono varie procedure per l’imbottigliamento, preferisco fornirvi quella più semplice ma comunque efficace.

Vi consiglio delle bottiglie da prosecco o spumante 0,75 cl, sono resistenti e potrete riciclarle a vita.
Versate le singole dosi di zucchero (per la weizen circa 6-7 grammi) nelle bottiglie, accuratamente sterilizzate, poi riempitele con la birra lasciando 3-4 cm di spazio vuoto per la formazione della anidride carbonica.

Per facilitare l’imbottigliamento, usate un tubo sterilizzato che collegherete al rubinetto del fermentatore e che inserirete nella bottiglia. Questo accorgimento eviterà la formazione di schiuma durante l’imbottigliamento.
Tappate le bottiglie con tappi a corona e agitatele leggermente per favorire lo scioglimento dello zucchero.

Le bottiglie vanno tenute in un luogo caldo (20-24°C) per 4-7 giorni e poi messe a maturare lontano dalla luce solare diretta e in luogo possibilmente fresco.
Dopo circa 3 settimane potrete assaggiare la birra ricordando che la maturazione prosegue nei mesi successivi,portando a notevole evoluzione di profumi e gusto.

Note:
Nella ricetta il termine “priming” sta ad indicare lo zucchero necessario per la rifermentazione in bottiglia.

Ricordatevi che i densimetri sono tarati ad una certa temperatura (solitamente 20°C), la lettura sarà quindi esatta solo a quella temperatura. I densimetri sono solitamente corredati di scale di correzione.

Wednesday, July 09, 2008

La Lucchese

LUCCA – Si è svolto a Piave Ligure l’incontro tra il presidente rossonero Fouzi Hadj , i rappresentanti del comitato “ 1905 Orgoglio Rossonero ” e l’assessore allo sport del comune di Lucca Lido Moschini : Hadj chiede alla città di ricapitalizzargli la società che resterebbe però nelle sue mani.

Finalmente ha avuto luogo l’incontro a Pieve Ligure dove a casa sua il presidente rossonero Fouzi Hadj ha ricevuto tre rappresentanti del comitato "1905 Orgoglio Rossonero", Enrico Luchi, Mario Santoro e Giulio Castagnoli, accompagnati nel ruolo di garante dall’assessore allo sport del comune di Lucca Lido Moschini.

Dopo ore di discussione ne è venuto fuori un accordo che prevede il passaggio del 20% delle quote societarie ai tifosi, il 29% a una fondazione composta dall’imprenditoria locale e il 51% ancora nella mani dell’attuale proprietà, che si accollerebbe l’onere di ripianare i debiti. Il tutto riassunto in un comunicato congiunto delle parti in causa che riportiamo integralmente:

In data odierna il Presidente dell'A.S. Lucchese Libertas ha ricevuto i rappresentanti dell'Amministrazione Comunale di Lucca e del Comitato 1905 Orgoglio Lucchese per affrontare il problema dell'iscrizione dell'A.S. Lucchese al campionato di 1° divisione da determinarsi entro il 15 luglio p.v.. Il Presidente ha condiviso l'iniziativa intrapresa dal comitato consistente nel richiedere ai tifosi l'abbonamento anticipato per anni tre al costo della stagione trascorsa, e alle aziende per forme di sponsorizzazione da concordare.

Nel contempo il Presidente ha deciso, nelle modalità che verranno immediatamente studiate dai tecnici, di procedere a una forma di azionariato popolare che veda la partecipazione di aziende e tifosi. Su espressa volontà del Presidente stesso il 20% delle quote dell'A.S. Lucchese Libertas verrà devoluto al comitato 1905 Orgoglio Lucchese e il 29% nella sottoscrizione popolare di cui il primo sottoscrittore sarà il Presidente stesso”.

In sostanza, incredibilmente, Hadj sta chiedendo alla città di ricapitalizzare una società da lui portata sull’orlo della bancarotta ma di cui, una volta risanata, manterrebbe il controllo. Per carità, niente di anomalo nel panorama imprenditoriale italiano dove, come tutti sappiamo, è uso comune da parte di fantomatici imprenditori e manager protagonisti della dolce vita farsi finanziare dai cittadini e poi prosciugare le aziende, ma appare alquanto spericolato adesso credere che un popolo morigerato come quello lucchese accetti di sottoscrivere abbonamenti triennali o donare migliaia di euro in una impresa che poi sarebbe gestita da personaggi che in tre anni hanno palesato una approssimazione amministrativa ai limiti del farsesco.

Niente di più trapela invece sul come l’eventuale socio di maggioranza si accollerebbe i debiti finora maturati distaccandoli dal contesto della società, anche se si può ipotizzare che questo significhi che Fouzi Hadj è pronto a sostenere un conferimento di pari importo allo sbilancio, ma in termini contabili tutto ciò appare alquanto singolare e nebuloso. La sottoscrizione della città in sostanza servirebbe solo per iscrivere la squadra al prossimo campionato, ma non sussistono ulteriori garanzie di risanamento se non la parola del presidente.

Non resta quindi che rimanere alla finestra ed attendere gli sviluppi di una vicenda che vede in ballo le sorti della società calcistica più antica della Toscana, che giorno dopo giorno appare sempre più sprofondare verso il baratro di una cancellazione che scriverebbe la parola fine in coda ai 103 anni di storia rossonera. Se davvero Hadj e la città riuscissero ad evitare una simile sciagura, l’esperienza dell’estate 2008 dovrebbe davvero essere ascritta agli annali di Lucca, sia per quanto riguarda la capacità di coesione della città quando si tratta di difendere le proprie tradizioni, sia quando gli amministratori si fanno garanti nell’affidarle a imprenditori venuti da fuori.



Thursday, July 03, 2008

Essere vicini ad una persona


Ascolto "Opeth - Damnation" e mi culla i pensieri , questi:

Essere vicini ad una persona, in amicizia così come in altre relazioni, è un compito ed un ruolo molto bello.

Fa condividere molte gioie e momenti sereni ma poi arriva un momento in cui c'è da osservare, fermarsi ed ascoltare.
Ascoltare è complicato per tutti e solo alcuni sono disposti a farlo.
Anche perchè per ascoltare serve attenzione, le nostre giornate ci stancano lasciandoci poco margine di energie . . .
Personalmente la trovo un'ottima occasione per testare e mettere a frutto il proprio vissuto, la propria coscenza e soprattutto per dare un senso più alto all'amicizia che lega.
Perchè quando ci si apre, ci sfoghiamo con un amico ci si rende vulnerabili.
Si dismette l'armatura e la spada per un poco e si mostra il fianco.
Chi stà accanto in questo momento sarà il custode dei prossimi minuti di confessione.
In questi momenti si mostrano le proprie paure, i propri bisogni, sofferenze e sogni infranti o prossimi alla realizzazione.
Si raccontano Vittorie, Sconfitte o tregue armate...
E mentre l'uno parla l'altro ascolta.
L'unico giudizio in gioco deve essere il buon senso. L'aver giudizio e non dare un giudizio.
Chi siamo per giudicare? abbiamo mai sbagliato prima e siamo onniscenti?
Possiamo capire cosa porta a quel punto la persona che ci stà parlando?
Se siamo ottimi amici non solo possiamo capire questo ma lo si può in alcuni casi anche prevedere.
Ma questo ha come significato che possiamo dare una nostra visione della cosa sempre evitando giudizi universali.
Diciamo cosa pensiamo a riguardo, proponiamo consigli o semplicemente una visione esterna ed oggettiva per quanto possibile.
Chi parla necessita anche di parlare con se stesso, questo mi accade quando parlo ad un amico.
Parlandogli io parlo anche a me stesso.
Chi parla ha bisogno anche di una seconda vista sul fatto per aiutarsi a capire da altri occhi come è la situazione.
Mi riferisco sia alle vittorie che portano ad essere troppo esaltati che alle sconfitte che lasciano a terra.
Perchè così come è giusto essere felici per un lieto evento così è giusto rattristarsi per uno meno lieto.
Ma se ci lasciamo troppo a terra sarà difficile risalire come sarà troppo doloroso ricadere una volta saliti tropo in alto.
Per questo un occhio esterno può fornirci una foto istantanea della situazione che ci circonda.
I nostri sogni poi quando sono raccontati non devonoessere giudicati.
Chi può giudicare i sogni che sogni sono proprio perchè tali ed ingiudicabili?
Non ho una conclusione a questo insieme di concetti.
Soltanto li espongo alla vostra attenzione aspettando un commento, un idea in merito perchè io posso ancora una volta godere dei vostri insegnamenti.